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capitolo vi 57

gran ruota di mulino, ed arda più che un forno da vetri, non ha da concepirne il menomo ribrezzo: anzi con disinvoltura ed intrepido cuore li deve assalire e combattere, e vincerli e sbaragliarli se fosse possibile in un attimo, benchè portassero armature formate di conchiglie di un certo pesce che dicono essere più dure che se fossero di diamanti, e in luogo di spade portassero taglienti coltelli di acciaio damaschino, o mazze ferrate con punte pure di acciaio, come più di due volte m’è avvenuto di vederne. Dico tutto questo, serva mia, perchè tu vegga quale differenza passa tra gli uni e gli altri cavalieri: e sarebbe mestieri che principe non vi fosse da cui non fosse tenuta in maggiore estimazione questa seconda, o, a meglio dire, questa prima specie di cavalieri erranti, leggendosi nelle loro storie esservene stato taluno fra loro che salvò non un solo, ma molti regni.

— Ah! signor zio, entrò a dir la nipote a tal punto, badi bene che quanto ella dice intorno ai cavalieri erranti è favola e mera invenzione, e meriterebbero le stòrie loro (se non fossero prima bruciate) che fosse soprapposto a ciascuna un sambenito1, od altro segnale atto a farle conoscere come infami e guastatrici dei buoni costumi. — Per quel Dio che mi tiene in vita, che se tu non mi fossi nipote in dritta linea, come figlia della mia stessa sorella, ti darei tale gastigo per le bestemmie da te proferite, che avesse a rendersi palese al mondo tutto. Come può esser mai che una tristanzuola che sa appena dimenare dodici piombini da reticelle, osi muovere lingua a censurare le storie dei cavalieri erranti? Che ne direbbe se ti udisse il signor Amadigi? Benchè sono certo che anch’egli ti darebbe generoso perdono, avendo portalo il vanto del più umile e cortese cavaliere dei giorni suoi, ed anche di celebre difensore delle donzelle. Potrebbe darsi però che qualcuno ti avesse sentita, e che te ne ridondasse gravissimo danno; poichè non tutti sono cortesi nè circospetti, ma all’opposto ve n’ha di codardi e malcostumati, nè tutti quelli che s’intitolano cavalieri lo sono interamente; chè alcuni sono di oro, altri di alchimia, ed hanno di cavaliere sol l’apparenza, ma non reggono poi al paragone delle verità. Si danno certi uomini di bassa portata e vili che impazziscono per apparire cavalieri; e cavalieri vi sono che, quantunque sublimi, fanno tutto il possibile per comparire uomini bassi: si alzano i primi mediante l’ambizione e la virtù; questi si abbassano o colla dappocaggine o col vizio, ed è quindi necessario grande

  1. Così chiamavasi l’abito dei condannati dal Santo Offizio per abbreviazione di saco bendito, ossia cilicio benedetto.