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636 | don chisciotte |
chio su questi discorsi, passiamo avanti ed entriamo nelle nostre case.„
Arrivarono intanto i cacciatori, domandarono della lepre, e don Chisciotte la consegnò. Continuavano la loro strada, quando incontrarono all’improvviso il baccelliere Sansone Carrasco ed il curato che recitava l’uffizio. Il bello si è che Sancio aveva posto sopra il suo asino l’involto delle armi, perchè servisse di soprassoma, e la veste di tela bottana, dipinta a fiamme di fuoco, che gli era stata messa in dosso nel castello del duca, nella notte che Altisidora risuscitò, ed inoltre aveva sì bene accomodata presso alla testa della bestia la mitra, che facevala apparire nella più strana trasformazione in cui si abbia mai veduto asino al mondo. E padrone e scudiere furono subito salutati dal baccelliere e dal curato, i quali volarono loro addosso a braccia aperte. Smontò don Chisciotte, e li abbracciò strettamente; ed i ragazzi, che hanno sempre occhi di lince, scopersero di lontano la mitra del giumento, e corsero ad esaminarla, dicendo l’uno all’altro: — Corri, corri, vieni a vedere l’asino di Sancio Panza, che è più galante di Mingo, e la bestia di don Chisciotte ch’è divenuta più magra di uno scheletro.„ Attorniati da gran numero di questi ragazzi, ed accompagnati dal curato e dal baccelliere, passeggiarono per il paese, e