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capitolo lxxii 629

e gliene dimanderemo.„ Smontò il cavaliere, e l’ostessa lo fece entrare in una sala terrena dirimpetto alla stanza di don Chisciotte, adorna di vecchie sargie dipinte come quelle che trovavansi nell’altra camera contigua. Si pose il cavaliere arrivato di fresco un vestito da state; e passando al portico dell’osteria, ch’era spazioso e fresco, ed ove stava don Chisciotte passeggiando, così lo interrogò: — Per dove è diretto, galante signor mio?„ E don Chisciotte rispose: — Per il paese ch’è qua vicino, dove io sono nato: e vossignoria per dove? — Io, o signore, rispose il cavaliere, vado a Granata mia patria. — È bella patria, replicò don Chisciotte; ma dicami per favore: come si chiama vossignorìa, poichè ho un presentimento che debba importarmi il saperlo. — Don Alvaro Tarfe è il mio nome,„ rispose il viaggiatore. Cui don Chisciotte replicò: — Crederei senza tema d’ingannarmi che dovesse essere vossignoria quel don Alvaro Tarfe che va impresso nella seconda Parte dell’istoria di don Chisciotte della Mancia, scritta di recente e data alla luce del mondo da un moderno autore. — Io sono quel desso appunto, rispose il cavaliere; e don Chisciotte, soggetto primario di quella storia, fu mio grandissimo amico, e quello io fui che lo cavai dal suo paese, od almeno lo indussi a seguitarmi per certa giostra che si faceva in Saragozza dov’io era diretto, e davvero davvero che gli ho prestati molti buoni servigi, ed ho il merito io solo di aver fatto che il boia non gli cacciasse le mosche dalle spalle, per essere egli uomo audacissimo. — Dicami di grazia, soggiunse don Chisciotte, pare a lei, signor don Alvaro, che io somigli a questo tale don Chisciotte che ricorda vossignoria? — No certamente, rispose l’altro; no, a patto alcuno. — E questo don Chisciotte, soggiunse il nostro, aveva egli seco uno scudiere Sancio Panza? — Sì, lo aveva, soggiunse don Alvaro, e tuttochè avesse fama di essere graziosissimo, io non ho mai sentito da lui cosa detta con garbo. — Lo credo anch’io, disse allora Sancio, perchè il dire galanterie e cose graziose non è da tutti; e questo Sancio di cui ella parla, signor galante, debb’essere stato qualche birbone e sgarbato, ed anche ladro; mentre il vero Sancio Panza sono io che ho tante gentilezze che pare che mi sieno piovute addosso: e se vossignoria non lo crede, facciane l’esperienza, e vengami dietro per un anno almanco, e vedrà che ad ogni tratto mi scappano fuori tanto frequenti, che senza ch’io sappia il più delle volte quello ch’io mi dica, fo ridere quanti mi ascoltano. Il vero don Chisciotte della Mancia, il famoso, il valente, il discreto, l’innamorato, il disfacitore di torti, il tutore dei pupilli e degli orfani, il protettore delle vedove, l’ammazzatore delle don-