tenero di cuore e timoroso che Sancio non lasciasse la vita, e in conseguenza non potesse egli giungere al suo intento per la imprudenza dello scudiere, si fece a dirgli: — Per vita tua, amico, non tirare più innanzi, chè questa medicina mi pare troppo crudele, e sarà bene dar tempo al tempo, chè Roma non si costrusse in un’ora: ti sei date, se non ho contato male, più di mille frustate, e bastino queste per ora, chè l’asino sopporta il carico, ma non il sopraccarico. — No, no, signor mio, disse Sancio, non voglio che si dica di me: Chi paga innanzi è servito dopo; si scosti un poco, e mi lasci dare non meno di altre mila frustate, chè a due levate di queste avremo saldata la partita ed anche ne sopravanzeranno. — Poichè sei in sì buona disposizione, replicò don Chisciotte, il cielo ti aiuti, e continua pure che io mi metto d’accanto.„ Tornò Sancio al suo giuoco con tanto fervore, che aveva già levata la corteccia al tronco dell’albero; sì grande era la