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capitolo lxx 619

nocciuolo di dattero più ostinato e duro di villano pregato quando diventa cavaliero, che se io mi ti metto attorno ti cavo cotesti occhiacci: pensi tu forse, signor don fracassato a bastonate, che io mi sia morta per causa tua? Tutto quello che stanotte hai visto è stato finzione, chè io non sono donna che per somiglianti camelli abbia a soffrire il dolore di un solo nero di ugna, non che a morirmi. — E io ne sono pienamente persuaso, soggiunse Sancio, chè queste morti degl’innamorati sono tutte baie: e possono bene decantarle, ma che poi le mettano in esecuzione, credalo Giuda.„

Stando in questi ragionamenti, entrò il musico cantore e poeta, che aveva gorgheggiate le due già riferite ottave, il quale, fatta a don Chisciotte profonda riverenza, disse: — Mi conti, vossignoria signor cavaliere, e mi tenga nel novero dei suoi più fidati servidori, ch’è molto tempo che io me le sono affezionato sì per la celebrità ch’ella gode, come per le imprese che vanta.„ Don Chisciotte gli rispose: — Mi dica la signoria vostra chi ella è, affinchè la mia civiltà corrisponder possa ai suoi meriti.„ Rispose il giovane: — Io sono il musico ed il panegirista, della notte scorsa. — Per certo, replicò don Chisciotte, ch’ella ha voce eccellentissima, ma quello ch’ella cantò non mi parve che cadesse gran fatto a proposito: che hanno a fare le ottave di Garcilasso1 con la morte di questa signora? — Di questo non si maravigli vossignoria, rispose il musico, chè tra gl’intonsi poeti dell’età nostra è alla moda la piena libertà dello scrivere e del rubare dagli altri autori: e venga o non venga a proposito quello che scrivono, non vi è scioccheria che non mettano in versi e in musica, attribuendola a licenza poetica.„ Don Chisciotte avrebbe voluto replicare, ma ne fu impedito dai duchi venuti essi pure a visitarlo, e coi quali tenne lungo piacevole dialogo, prendendovi parte anche Sancio, il quale disse tante facezie e tante malizie, che i duchi non si saziavano mai di sentire tanta furia di semplicità e di acutezze. Li supplicò don Chisciotte che lo lasciassero partire in quel giorno medesimo, poichè ai vinti cavalieri come lui conveniva meglio il soggiornare in porcile che in palagio reale. Vi acconsentirono di buon grado, e la duchessa gli dimandò se Altisidora restata fosse nella sua buona grazia. Rispose: — Sappia, signora mia, che tutto il male di questa donzella nasce dal suo ozio, il cui rimedio non in altro consisterebbe che in un’onesta ed incessante occupazione. Mi disse poco fa che nell’inferno si usano le reticelle, e siccome ella deve saperle fare, badi ad ordirne, e così oc-

  1. Le ottave, con poche mutazioni, sono in fatti di Garcilaso de la Vega, Egl. III.