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CAPITOLO LXVII


Si determina don Chisciotte di farsi pastore, e di condurre la vita tra le campagne, finchè scorra l’anno di sua promessa, con altri avvenimenti piacevoli e gustosi.


Se

tanti pensieri tenevano afflitto don Chisciotte prima ch’e’ fosse fatto stramazzare, molti più lo tribolavano dopo la sua sconfitta. Stavasene, come si è detto, sotto un albero all’ombra, e quivi come mosche al mele un’afflizione era da altra raggiunta, ed ora egli pensava al disincanto di Dulcinea, ora alla vita che dovrebbe fare nell’ozio a cui era obbligato. Lo raggiunse Sancio, e gli fece molti elogi della liberalità dello staffiere Tosilo. — Ed è dunque possibile, o Sancio, dissegli don Chisciotte, che tu ti sii fitto in capo, che colui sia vero e reale staffiere? Si vede bene che ti è uscito di mente d’aver veduto Dulcinea convertita e trasformata in contadina, e il cavaliere dagli Specchi nel baccelliere Sansone