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capitolo lxvi 593

cio e un pane, e sdraiatosi con Sancio sull’erba, in santa pace e buona compagnia diedero fondo a tutta la provvigione con sì buon appetito, che leccarono anche il mazzo delle lettere solo perchè sapeva di cacio. Tosilo diceva a Sancio: — Questo tuo padrone, amico mio, dev’essere senza dubbio un pazzo. — Come deve? rispondeva Sancio, egli non deve niente ad alcuno, chè paga ogni cosa, massime quando la moneta è pazzia. Io veggo le cose come sono, ed anche gliele dico, ma a che pro? E adesso tanto peggio ch’ella è finita, perchè è stato vinto dal cavaliere dalla Bianca Luna.„ Tosilo voleva esserne informato, ma Sancio gli rispose che sarebbe scortesia il farsi aspettare dal suo padrone, e che se si fossero incontrati un altro giorno, gli avrebbe raccontata ogni cosa. Rizzandosi dall’erba, dopo avere scosso il saio, e le briciole dalla barba, si mise innanzi il leardo, e dicendo: — Addio, Tosilo,„ raggiunse il padrone, che sotto l’ombra di un albero lo stava aspettando.

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