e dallo starsene nel suo paese e a casa sua. Ho studiato il modo di ottenere questo intento, e corrono già tre mesi da che escii alla campagna, fingendomi cavaliere errante, chiamandomi il cavaliere dagli Specchi, con intenzione di combattere seco lui, di vincerlo senza recargli nocumento, e di mettere per condizione della nostra battaglia che il vinto restasse alla discrezione del vincitore. Divisava allora di chiedergli (poichè lo riteneva già per vinto) che tornasse al suo paese, e che non ne escisse per un anno intero, nel qual tempo potesse essere medicato: ma la sorte dispose altrimenti, perchè egli vinse me, e mi fece stramazzare da cavallo, nè il mio proponimento ebbe effetto. Allora egli continuò baldanzoso nelle sue follie, ed io tornai a casa vinto, smaccato e pesto per caduta assai pericolosa; ma non per questo venne meno in me il desiderio di tornare in traccia di lui e di abbatterlo come oggidì mi è riuscito e come voi avete veduto. Egli, ch’è esattissimo nella osservanza delle leggi cavalleresche, sarà rigido esecutore senza dubbio di quella che gl’imposi in adempimento di sua parola, e questo, o signore, è il fatto senzachè mi resti altro a soggiungere. Ora, io vi prego quanto so e posso che non mi discopriate, nè facciate sapere a don Chisciotte chi io mi sia, affinchè il mio disegno ottenga buon effetto, e si possa veder tornato in cervello quest’uomo che lo ha ottimo, purchè dia bando alle fantasticherie della cavalleria. — Oh signor mio, disse don Antonio, Dio vi perdoni il discapito che vi proponeste di recare a tutto il mondo col voler far rinsavire il più grazioso pazzo che possa trovarsi. Non vi accorgete, o signore, che il profitto della saviezza di don Chisciotte non sarebbe mai tanto grande quanto il gusto ch’egli dà a tutti co’ suoi vaneggiamenti? Io per altro credo che tutta l’accortezza del signor baccelliere non varrà a ridonare la sana ragione ad uomo fuori di cervello: e se non fosse contro la carità, vorrei che non guarisse mai don Chisciotte, perchè colla sua sanità non solamente andremmo a perdere le sue facezie, ma quelle ancora di Sancio, suo scudiere, che sono di natura tale che una sola può mettere la gioia nella stessa malinconia: dopo tutto questo io prometto di tacere, nè dirò certamente cosa alcuna, e starò a vedere se riesca vero il mio sospetto che non abbiano punto a conseguire il desiderato intento tutte le cure e le diligenze del signor Carrasco.„ Rispose questi che l’affare poteva già dirsi bene incamminato, e che ne sperava fortunato successo: ed essendosi don Antonio offerto di fare quanto potesse da lui dipendere, e licenziatisi, fece Sansone legare sopra un mulo l’arme sue, se ne escì dalla città sul cavallo medesimo su cui era entrato in battaglia, e