lungo sarebbe l’informarvi di mille eventi; chè fatalmente il divietano e il corto tempo ed il terrore del mio spirito, ora che tra la lingua e la gola vedo la terribile fune che mi minaccia. Sappiate almeno che nel mio esilio ebbi don Gregorio a compagno, ch’egli si confuse tra i moreschi usciti dai vostri regni e dei quali conosceva bene la lingua, e che legò amicizia coi due miei zii che seco mi conducevano. Il mio genitore, scoppiato che fu il primo fulmine contro tutti noi, era fuggito e passato in regni stranieri a cercare altro asilo, lasciando sotterrate in luogo che io sola conosco, e perle e gemme e argenti ed ori, comandandomi che in nessun modo io toccassi tanti tesori, nemmanco se fossi bandita. Lo ubbidii, e con gli zii ed altri parenti ed amici passammo in Barberia, eleggendo per nostro soggiorno Algeri, che ci parve allora un inferno. Venne a cognizione del re la mia bellezza, ed ebbe sentore di quelle ricchezze alle quali dovetti in parte la mia ventura. Mi chiamò a sè, mi chiese il nome del paese di Spagna che