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CAPITOLO V.


Dell’accorta e graziosa conversazione tenuta da Sancio Panza con Teresa sua moglie, e di altri avvenimenti degni di felice ricordanza.


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ntrando il traduttore di questa istoria a scrivere il presente quinto capitolo, dichiara che lo tiene per apocrifo; giacchè Sancio Panza parla qui d’un modo troppo diverso da quello che lo scarso suo ingegno poteva promettere, e dice cose sì ponderate e sottili da parergli impossibile che le sapesse. Non volle per questo lasciar di tradurle per non mancare al suo dovere, e quindi prosegue nel seguente modo:

Giunse Sancio a casa sua con sì grande giubilo e festa che a un tiro di balestra Teresa sua moglie si accorse della sua letizia e gli disse: — Che rechi tu di buono, amico Sancio, chè sei così lieto? — Moglie mia, le rispose, se piacesse a Dio vorrei non esser così contento come ti sembro. — Non t’intendo, marito mio, replicò ella, nè so concepir perchè tu dica che brameresti piacendo a Dio, non essere contento come apparisci: per quanto io sia una balorda non so che vi sia chi non goda di esser contento. — Sappi, Teresa, rispose Sancio, che la mia gioia proviene dall’essermi determinato di tornare al servigio del mio padrone don Chisciotte, il quale è ora deliberato di uscire una terza volta in campagna a cercar avventure. Io voglio seguirlo costretto dalla necessità ed