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544 | don chisciotte |
avventure, nuovi i successi, e perigliosi tutti: nè mi fo maraviglia se così gli apparirà; perchè ad onore del vero io confesserò che non avvi tenore di vita più inquieto, nè più pauroso del nostro. Mi vi strascinò non so qual desiderio di vendetta, che ha la possa di sconvolgere ogni più riposato cuore; ma io sono di mia natura compassionevole e proclive al ben fare; nè fu, come ho detto, se non la voglia di lavare la macchia di un torto sofferto che mi rimosse dalle mie buone inclinazioni, e che mi fa ora perseverare nel presente stato in onta e in contrapposizione della mia volontà. E siccome un abisso chiama l’altro, e una un’altra colpa, così le vendette si vennero talmente concatenando, che non solo le mie, ma prendo anche le altrui sopra di me. Pure Iddio mi concede, quantunque io viva in messo al labirinto delle mie contraddizioni, di non fermi perdere la speranza di uscirne fuori per afferrare un porto di sicurezza.„ Restò edificato don Chisciotte nell’udire da Rocco sì lodevoli e sensati concetti: e tanto più che davasi egli a credere che in mezzo al mestiere di rubare, di uccidere, di assassinare non vi potesse esser uomo che ragionasse con buoni principii. Soggiunse dunque: — Signor Rocco, il fondamento della salute consiste nel conoscere l’indole della malattia e nel cercare che l’infermo prenda le medicine ordinate dal medico. L’infermo siete voi, voi conoscete il vostro male, e il cielo, o Iddio, a meglio dire, ch’è il nostro medico, vi applicherà medicine atte a guarirvi; le quali sogliono risanare a poco a poco, e non repentinamente e per miracolo: e molto più che i falli dei peccatori di talento sono più presso all’emenda di quelli degli sciocchi. Poichè mi avete nei vostri discorsi data a conoscere molta prudenza, non altro occorre se non che vi facciate animo e speriate il miglioramento delle infermità della vostra coscienza; e se voleste abbreviare il cammino e mettervi con facilità su quello della salute, venite meco, ed io vi insegnerò ad essere cavaliere errante, nel cui esercizio tanti travagli si soffrono e tante sventure, che tolte come penitenza dei nostri peccati, in due salti vi porteranno al cielo.„
Rise Rocco del consiglio di don Chisciotte, cui (cambiando discorso) diè conto del tragico avvenimento di Claudia Geronima, di che n’ebbe gran dolore Sancio, al quale erano andate a sangue la bellezza, il brio e la disinvoltura della giovane. Tonarono in questo gli scudieri dalla presa fatta, e condussero con loro due cavalieri a cavallo, due pellegrini a piedi e un cocchio con varie donne, le quali erano seguite da sei servitori, parte a piedi e parte a cavallo, con altri due vetturini che menavano i cavalieri. Tutti stavano attorniati dagli scudieri, conservando e vincitori e vinti