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capitolo lix 527

loro volontà di pascere l’abbondante erba ch’era nel prato. Si svegliarono ch’era alquanto tardi, e tornarono a cavallo continuando il loro viaggio, affrettandosi per arrivare all’osteria che poteva essere una sola lega lontana. Io la chiamo osteria perchè don Chisciotte così la denominò contro l’usanza sua, ch’era quella di chiamare castelli tutte le osterie. Giunsero finalmente, e dimandarono all’oste se vi fosse da alloggiare. Rispose che sì, e con tanta agiatezza e comodità quanta poteasi trovare in Saragozza. Smontarono da cavallo, e Sancio ripose la sua credenza in una camera di cui l’oste gli consegnò la chiave. Condusse le bestie nella stalla, e diede loro la profenda, ringraziando il cielo che alla fine l’osteria non fosse parsa un castello al suo padrone. Recossi poi a ricevere i suoi comandi, e lo trovò che stava seduto su di un muricciuolo. Venne l’ora della cena e di recarsi nella stanza, e Sancio chiese all’oste che cosa avesse d’apprestargli. Rispose che dimandasse pure ciò che venivagli in fantasia, non mancando l’osteria di uccelli dell’aria, di quadrupedi della terra e di pesci del mare. — Non occorre tanta roba, rispose Sancio; un paio di polli arrosti ci bastano, perchè il mio padrone è dilicato e mangia poco, e io ancora non sono molto divoratore.„ Replicò l’oste che mancava di polli avendoglieli il nibbio pigliati tutti. — Ebbene, fateci dunque arrostire una pollastra che sia tenera. — Pollastra, padron mio! l’oste soggiunse: da quel che sono vi assicuro che ne ho mandate ieri alla città più di cinquanta, e dovete favorirmi di dimandare tutt’altro che vi piaccia, di pollastre in fuori. — A questo modo, disse Sancio, non potrà essere di manco che non vi sia un poco di vitello o qualche quarto di capretto. — In casa non ne ho per adesso, rispose l’oste, essendosi consumato, ma nella ventura settimana ne sarà di avanzo. — Stiamo freschi! disse Sancio: scommetterei che tutta questa strepitosa abbondanza va a ristringersi in un po’ di presciutto e in qualche paio di uova. — Per vita mia, soggiunse l’oste, che il mio signor ospite è un bell’umore: or ora gli ho detto che non tengo nè galline, nè pollastre, e vuole che abbia delle uova? Di grazia chiedetemi altre ghiottonerie, ma non mi dimandate cose relative a galline. — Ma finiamola dunque, corpo di me, disse Sancio mezzo in collera, e ditemi voi, signor oste, quello che avete senza perderci in altri discorsi.„ Egli rispose: — Quello che realmente e veramente ho in pronto sono due zampe di bue che paiono due piedi di vitella, ovvero due piedi di vitella che paiono due zampe di bue, e sono cotte coi loro ceci, cipolle e presciutto, e stanno dicendo: Mangiami, mangiami. — Sia dunque finita, disse Sancio: queste sieno per conto mio, e nissuno le tocchi che le pagherò meglio di ogni