Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.2.djvu/536

526 don chisciotte

rire sotto il peso de’ miei pensieri e sotto quello delle mie sventure. Io nacqui, o Sancio, per vivere morendo, e tu per morire mangiando: e perchè tu vegga che io dico il vero, considerami impresso nelle istorie, famoso nelle armi, bencreato nelle azioni, rispettato dai principi, tentato dalle donzelle, e al fine dei fini quando mi attendea palme, trionfi e corone guadagnate e meritate colle valorose mie imprese, mi vidi stamane calpestato, rotolato e pesto dai piedi di animali sucidi e immondi! Questa considerazione mi allega i denti, m’instupidisce i mascellari, m’intirizzisce la destra e mi toglie in tutto e per tutto la volontà di mangiare; dimanierachè penso di lasciarmi morire di fame, morte più crudele di ogni altra morte. — S’è così, disse Sancio sempre masticando a furia, vossignoria approverà quel proverbio che dice: corpo satollo, anima consolata: io poi non penso di darmi la morte da me medesimo, chè anzi vo’ immaginando di fare come il ciabattino, che stira il cuoio coi denti, nè ristà se nol vede al segno che vuole: e fo conto di tirare innanzi mangiando finchè arrivi quel termine che il cielo mi avrà assegnato. Si persuada, signor mio, che non si dà pazzia più grande di quella di volersi disperare; e faccia a mio modo, mangi qualche cosa, e poi si metta a dormire sopra i verdi materassi di queste, erbe, e vedrà che allo svegliarsi si sentirà rinvigorito lo spirito.„ Così fece don Chisciotte, parendogli che le parole di Sancio fossero più da filosofo che da mentecatto; e gli disse: — Se tu, o Sancio, far volessi per amor mio quello che ora ti dirò, sarebbe più certo il mio alleviamento, e meno sarebbero gravi gli affanni miei. Io ti supplico che mentre dormo per obbedire ai tuoi consigli, tu ti allontani un poco di qua e colle redini di Ronzinante, spogliandoti ignudo, tu ti dia tre o quattrocento scudisciate a conto delle tremila e tante delle quali sei debitore per ottenere il disincanto di Dulcinea: chè non è piccola afflizione quella di scorgere che per la tua noncuranza e per la tua negligenza stiasene incantata quella povera dama. — Oh qua c’è da discorrere molto, disse Sancio: dormiamo intanto tutti e due, e poi Dio sa quello che sarà: non è mica piccolo negozio quello di frustarsi di per sè a sangue freddo: e tanto più se le frustate cadono addosso ad un corpo malsostenuto e peggio cibato; che la mia signora Dulcinea abbia pazienza, e quando manco se l’aspetterà diventerò un crivello per le frustate: insino alla morte ogni cosa è vita, e voglio dire che io mi tengo in vita col desiderio di mantenere quanto ho promesso.„ Allora gradì don Chisciotte la dichiarazione, mangiò un poco e Sancio molto, ed entrambi si misero a dormire, lasciando i due eterni compagni ed amici, Ronzinante e il leardo, in libera