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522 | don chisciotte |
varono apprestate tavole con abbondanza e con isplendidezza, ed onorarono don Chisciotte assegnandogli il primo posto: tutti lo guardavano e davano segni di ammirazione. Terminato il convito, don Chisciotte si alzò, e gravemente disse: — Vogliono alcuni che la superbia sia uno dei peccati più sconci che si commettono dagli uomini; ma io sostengo che più grave è l’ingratitudine, attenendomi al detto, che l’inferno è pieno d’ingrati. Per quanto mi è stato possibile, cercai sempre di non poter essere accusato di questa reità, sino da quando cominciò in me a spiegarsi il discernimento: e quando non posso ricambiare i benefici che impartiti mi vengono, supplisco almeno colla volontà: e se questo non basta, li divulgo per ogni dove, mentre chi fa palese e bandisce il bene che riceve, prova che lo ricambierebbe volentieri se ciò stesse in sua mano. Avviene d’ordinario che quelli che ricevono siano inferiori a quelli che danno. Dio signore è sovrano di tutti, perchè benefica tutti: nè i doni dell’uomo si possono agguagliare a quelli di Dio per la loro infinita distanza: ond’è che la nostra ristrettezza e impotenza fa in qualche guisa le veci della gratitudine. Pertanto su queste basi, grato com’io sono agl’infiniti vostri favori, non potendovi corrispondere in egual misura, e contenendomi nei ristretti confini della mia possibilità, offro quello che posso e quello che tengo di mia natura, e dichiaro che mi tratterrò per due giorni naturali in mezzo a questa strada maestra che va a Saragozza, per sostenere a prova con chi che sia, che queste signore pastorelle in maschera che si trovano qua presenti, sono le più vaghe e cortesi donzelle che vanti il mondo, tranne unicamente la senza pari Dulcinea del Toboso, la sola signora de’ miei pensieri; sia detto con buona pace di quanti e quante mi ascoltano.„
Sentendo questo, Sancio, che con somma attenzione era stato ascoltandolo, mandata fuori una gran voce, soggiunse: — Come mai può darsi che vi sieno al mondo persone ostinate nel dire e nel giurare che questo mio signor padrone sia pazzo? Mi rispondano di grazia le signorie loro, signori pastori: c’è egli curato di villa, per giudizioso e saputo che sia, che possa dire quello che il mio padrone ha detto? C’è egli cavaliere errante, per quanto voglia fare lo smargiasso, che possa offerire più di quello che il mio signore ha offerto?„ Don Chisciotte si voltò a Sancio, e infastidito e tutto acceso in viso, gli disse: — C’è egli, signor Sancio caro, uomo nel mondo che possa dire che tu non sei un vero balordo, foderato di balordaggine con non so che passamani di malizioso e di vigliacco? Chi ti ordina d’immischiarti nei fatti miei, e di strologare qua se io sia savio o scempiato? Taci, non voglio