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capitolo lviii 521

ferenza della terra, io andrei a cercare nuovi mondi dove passare senza romperle: e perchè vi piaccia di dare qualche fede a queste inspirate mie parole, vi basti il considerare ch’egli è don Chisciotte della Mancia quello che adesso vi parla; giacchè credo che questo suo nome non arriverà nuovo ai vostri orecchi. — Deh! dolcissima amica mia, disse allora la pastorella alla sua compagna, che ventura è mai questa nostra? vedi tu questo signore che ci sta dinanzi? Or bene, sappi ch’è il più valoroso, il più innamorato, il più cortese cavaliere che viva al mondo, se pure non mente o non inganna un’istoria che si è stampata delle sue prodezze e che io ho letta: e scommetterei altresì che questo buon galantuomo che sta in sua compagnia è un tale Sancio Panza suo scudiere, che non ha pari in graziosità. — È verissimo, disse Sancio: io sono appunto quel grazioso e quello scudiere che dice vossignoria; e questo signore è il mio padrone, quello stesso don Chisciotte della Mancia istoriato e riferito. — Deh! l’altra soggiunse, supplichiamolo, o amica, ch’egli non ci abbandoni; chè i nostri genitori e fratelli ne avranno infinito piacere: ed io pure ho sentito raccontare delle grazie e delle prodezze che tu mi hai detto, ed anche mi è stato riferito ch’è il più costante e il più leale innamorato che si conosca: e che la sua dama è una tale Dulcinea del Toboso, la quale vince in bellezza ogni altra donna di Spagna. — E ben a ragione se le dà questo vanto, disse don Chisciotte, qualora non dovesse mettersi in dubbio per la incomparabile bellezza vostra. Ma non vogliate ora, mie signore, tenermi ozioso, perchè gli obblighi della mia professione non mi permettono a verun patto di poter riposare.„

Sopraggiunse in questo un fratello di una delle due pastorelle, vestito egli pure da pastore, con leggiadria e bel garbo corrispondente al vestire delle fanciulle; ed elleno gli raccontarono che quel cavaliere con cui conferivano, non era niente manco che lo stesso valoroso don Chisciotte della Mancia e l’altro il suo scudiere Sancio, di cui aveva egli pure notizia, avendo letto la loro storia. Il galante pastore insistette pregando che don Chisciotte si recasse con lui alle sue tende; nè questi seppe rifiutarsi più oltre, e si fece a seguirlo. Venne intanto il momento della caccia, ed empironsi le reti di augelli di varie specie che nel periglio cadevano da cui tentavano di fuggire. Si adunarono in quel sito più di trenta persone, tutte bizzarramente vestite da pastori, e in un momento si divulgò all’intorno ch’erano ivi giunti don Chisciotte e il suo scudiere; di che non poca fu la contentezza, perchè tutti sapevano bene le loro geste. Passarono dopo la caccia alle tende, dove tro-

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