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488 | don chisciotte |
sopra de’ miei figliuoli. Determinai allora con prudente consiglio al parer mio (a guisa di colui che sa di essere cacciato dalla casa dove soggiorna, e si provvede di altra da collocarvisi), determinai, ripeto, di partire dal paese solo e senza la mia famiglia, e di andar a cercare dove poterla condurre con comodità e senza la fretta che ebbero gli altri miei paesani. Vidi benissimo, e tutti i vecchi della mia nazione videro pure, che quei bandi non erano già sole minacce, ma leggi da dover essere ad un tempo determinato eseguite. E tanto più me ne persuasi conoscendo gli stolti pensieri che avevano i nostri: pei quali giudicai che una inspirazione divina avesse mosso sua Maestà a tanta determinazione. Non già che fossimo tutti colpevoli (chè alcuno v’era fermo e vero cristiano), ma perchè il maggior numero essendo tale, sicchè non gli si potevano contrapporre i buoni, veniva ad esser cosa prudente il non allevarsi la serpe in seno col tenersi troppi nemici in casa. Fummo tutti castigati colla pena del bando; soave e piacevole secondo il parere di taluno, ma la più terribile che ci potesse colpire per quanto a me sembra. Ora, dovunque noi ci troviamo non facciamo che piangere per la cara Spagna; chè alla fine siamo nati qui, ed è questa la nostra patria naturale, nè troviamo in alcun luogo il rifugio di cui ha bisogno la nostra miseria. In Barberia e in tutte le parti dell’Africa, dove speravamo di esser ricevuti, accolti e assistiti, è appunto dove piucchè altrove ci offendono e ci strapazzano. Non abbiamo conosciuto il bene se non dopo averlo perduto, e la brama che da quasi tutti noi si alimenta di tornare in Ispagna è sì grande, che la più parte di quelli (e sono in copioso numero) che sanno la lingua, come io la so, vi tornano, abbandonando la moglie e i figliuoli: sì eccedente è l’affetto che portano a questo paese! Ora io pure conosco per esperienza che è vero quel detto: Dolce è l’amore della patria. Partii, come dissi, dal mio paese, entrai in Francia, e tuttochè ci facessero ivi molto buona accoglienza, volli vedere altri paesi. Passai in Italia, di là in Alemagna, e mi sembrò quivi di poter vivere con più libertà che altrove; perchè i suoi abitanti non badano molto alle minuzie, e vive ognuno a modo suo e per lo più con perfetta libertà di coscienza. Lasciai una casa che avevo tolto a pigione in un paese vicino ad Augusta, e mi accompagnai con questi pellegrini che costumano di
lingua, abiti, cerimonie, bagni, schiavi e fin anche i nomi che portavano. Quindi nacque la lunga ribellione conosciuta sotto il nome di ribellione dei Morischi, la quale durò fino al 1570. I Morischi vinti furono dispersi in tutte le province della penisola fino all’anno 1609, quando Filippo III ordinò che fossero tutti cacciati in numero forse di 1,500,000.