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454 | don chisciotte |
duca mio marito, perchè gli desse il governo di una delle molte isole che possede. Ho notizia ch’egli governa come un girifalco; di che mi trovo molto soddisfatta, e lo è ancora il mio signor duca. Io ringrazio vivamente il cielo di non essermi ingannata nell’averlo trascelto a quel posto, perchè voglio che sappiate, mia signora Teresa, che difficilmente si trova un buon governatore nel mondo; e così mi aiuti Iddio come Sancio governa. Vi accompagno, amica mia, con la presente una filza di coralli con punte d’oro, e vorrei che fossero perle orientali; ma chi ti dà l’osso non ti vorrà vedere morta, e verrà tempo che ci conosceremo e converseremo insieme, e Dio sa quello che sarà. Tenetemi raccomandata a Sancetta vostra figliuola, e ditele da parte mia che si apparecchi, che io la voglio maritare altamente quando meno se lo pensi. Mi viene detto che codesto paese abbonda di ghiande grosse, mandatemene un paio di dozzine chè ne terrò molto conto per venire dalle vostre mani. Scrivetemi a lungo, e datemi nuove della vostra salute e del vostro bene stare. Se qualche cosa vi occorre non avete da far altro che aprire la bocca; chè sarete servita per lungo e per largo. Dio vi guardi.
Di questo luogo, la vostra amica che vi vuol bene,
la duchessa„.
— Oh! gridò Teresa, sentendo la lettera, oh! che buona, che affabile, che umile signora! Ah con queste sì mi caccino sotto terra, ma non già colle cittadine che si usano in questo paese, che si figurano per esser tali che il vento non le abbia da toccare; e vanno alla chiesa con albagia come se fossero regine; e pare proprio che elleno si rechino a disonore di dare un’occhiata ad una contadina! Vedete qua, che questa signora, duchessa com’è, mi chiama amica, e mi tratta come se fossi una sua uguale; ma io con tutto il cuore vorrei vederla uguale in altezza al più alto campanile che sia nella Mancia. In quanto poi alle ghiande, signor mio, ne manderò alla sua signora un quartaccio, e tanto grosse che le potrà mostrar a tutti per maraviglia. Sancetta, resta qua a far accoglienza a questo illustrissimo; conduci poi il suo cavallo dove ha da stare: va per delle uova nella stalla, taglia prosciutto all’ingrosso, e diamogli a mangiare come se fosse un principe, perchè le buone nuove che ci ha portato, e quel buon viso ch’egli ha, meritano tutto: io corro intanto alle mie vicine per dare loro nuova della nostra allegrezza, e vado dal curato e dal maestro Nicolò barbiere, che sono e sono stati sempre buoni amici di tuo padre. — Lasciate fare a me che mi porterò bene, madre mia, rispose Sancetta; ma ricordatevi che