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capitolo xlix 443

giuoco si è convertito in un esercizio comune, è meglio che segua nelle case ragguardevoli piuttostochè in quelle di qualche artigiano dove acchiappano l’incauto da mezzanotte in giù, e lo scorticano vivo. — Notaio mio, disse Sancio, molto ci sarebbe da dire su questo proposito„. Arrivò intanto uno sgherro che conduceva legato un giovane, e disse: — Signor governatore, costui se n’andava per la strada medesima da noi battuta; ma non iscorse appena la giustizia che voltò le spalle, e si diede a fuggir come un daino: segno ch’è qualche delinquente. Io l’ho inseguito, e se non fosse ch’egli inciampò e cadde, non l’avrei raggiunto mai più. — E perchè fuggivi tu, galantuomo? dimandò Sancio. — Per sottrarmi, questi rispose, alle perquisizioni che sogliono essere fatte dalla giustizia. — Quale è la tua professione? — Il tessitore. — E che vai tessendo? — Ferri da lancia, con buona licenza di vossignoria. — Oh sei grazioso! e’ ti piace di fare il buffone: va bene: e dove andavi tu adesso? — A pigliare un po’ di aria fresca, o signore. — E dove si piglia in quest’isola? — Dove soffia. — Bravo, mio giovinotto: tu rispondi molto a proposito, e si vede che sei giudizioso: fa dunque conto adesso che io sia l’aria che ti soffia in poppa, e però t’incammino e mando alla prigione. Pigliatelo olà, e menatelo via, poichè intendo che in questa notte dorma in luogo che non abbia aria fresca. — Oh corpo di.... tanto potrà vossignoria farmi dormire in prigione come farmi re. — E perchè non ti potrò io far dormire in prigione? non è forse in arbitrio mio il prenderti e liberarti come e quando mi piace? — Per quanto si estenda il suo potere ella non sarà mai da tanto da farmi dormire in prigione. — E come no? menatevelo subito, disse Sancio agli sgherri; e vedremo se io dica da vero o no: e se mai il bargello volesse con costui usare di qualche liberalità per suo interesse, e lo lasciasse fare un passo solo fuori della carcere, pagherà duemila ducati di multa. — Tutto questo è da ridere, disse il giovinotto: il fatto sta che non mi faranno dormire in prigione quanti uomini oggidì vivono al mondo. — Dimmi, demonio, disse Sancio, hai tu forse qualche angelo che te ne cavi e che possa toglierti quelle catene che fo conto di metterti ai piedi? — Signor governatore, rispose subito il giovane con molto buon garbo, mi ascolti, e venghiamo al punto: concediamo che la signoria vostra mi faccia condurre in prigione, e che quivi m’incatenino dalla testa ai piedi, e che mi mettano in un carcere sotterraneo, e che sia minacciato il bargello dei più severi gastighi se mi lascia escire fuora, e ch’egli serva fedelmente al comando; ma, domando io, se non ho volontà di dormire, e se mi piace di stare svegliato tutta la notte senza