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capitolo xlvii 421

e levandogli dinanzi tutto quanto io penso che possa essere nocivo al suo stomaco. Ed ecco la ragione per cui ho comandato che si levi via un piatto di frutte per essere soverchiamente umide, e così l’altra vivanda per essere soverchiamente calida e condita con molti ingredienti che accrescono la sete; giacchè l’uomo che beve assai pregiudica e consuma l’umido radicale in cui consiste la vita. — E perchè? disse Sancio. — Perchè, rispose il medico, il nostro maestro Ippocrate, tramontana e luce dell’arte medica, dice in un suo aforismo: Omnis saturatio mala, perdicis autem pessima; e vuole inferire che pericolosa è ogni indigestione, ma pessima è quella delle pernici. — Se così è, disse Sancio, considerate, signor dottore, quale delle tante vivande che sono su questa mensa mi sia più confacevole e meno nociva, e lasciatemene mangiare tanto che io mi satolli, perchè per la vita del signor governatore, che Dio me la preservi, io mi muoio di fame; ed il proibirmi che io mangi perchè ciò non va a sangue al signor dottore, e il venire a rompermi la testa, egli non è pensare alla mia esistenza ma alla mia morte. — Vossignoria ha ragione, signor governatore, rispose il medico, ed ora ella potrebbe forse mangiare di quei conigli in guazzetto, ma non dee farlo perchè è un mangiare peloso; potrebbe assaggiare di quella vitella se non fosse arrosto e stuffata; e benchè per un tantino non vi sarebbe gran male, è meglio astenersene affatto„. E Sancio disse: — Quel piattellone ch’è colà innanzi, e che manda fumo, mi pare che sia olea potrida, e tra la diversità delle cose con cui è composta non può far di manco di non esservene alcuna che mi sia di gusto e di giovamento. — Absit, disse il medico; lungi, lungi da noi sì pessimo divisamento: non vi è piatto al mondo di peggiore nutrizione della olea podrida. Queste olee sono bocconi da canonici, da rettori di collegio o da nozze di contadini, ma stieno lontane dalle mense dei governatori, dove non dee trovarsi che pulizia e squisitezza: e la ragione si è che sempre e in qualunque luogo sono tenute in più gran conto e pregio le medicine semplici che le composte, perchè nelle semplici non si può fallare, ma nelle composte si altera facilmente la quantità degl’ingredienti dei quali sono formate. Quello poi che io so che può mangiare adesso il signor governatore per conservare e corroborare la sua sanità egli è una dozzina di cialdoncini e alcune fettuccine sottili di cotognata che gli acconceranno lo stomaco e gli aiuteranno la digestione„.

Sancio sentendo questo si poggiò sulla spalliera della sedia, e si pose a guardare fisso fisso il medico, poi con voce grave gli domandò che nome avesse, e dove avesse studiato. — Io, rispose, o signor governatore, mi chiamo il dottore Pietro Rezio de Aguero,