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capitolo xlvi | 413 |
delle calzette. Si mise indosso il suo magnifico manto di scarlatto, e in testa una montiera di velluto verde, guernita con passamani di argento; attaccossi l’armacollo da cui stava ciondolante la sua famosa e tagliente spada; si tolse un gran rosario che sempre portava seco, e così fatto con grande prosopopea ed albagia recossi nella antisala dove il duca e la duchessa, di già vestiti, pareva che lo stessero aspettando. Nel passare per una galleria trovavansi a bella posta pronte e ferme Altisidora ed un’altra donzella sua amica; ed Altisidora nol vide appena che finse di svenire, e fu raccolta e sostenuta della sua amica, la quale subitamente si mise a slacciarle il vestito sopra il petto. Don Chisciotte, che la vide, si accostò loro e disse: — Io so molto bene d’onde procedono questi svenimenti. — Così lo sapessi anch’io, rispose l’amica, mentre Altisidora è la donzella più sana di tutta questa casa, nè da che la conosco l’ho intesa mai dire un ahi. Che maledetti sieno quanti cavalieri erranti vi sono al mondo, se tutti covano in seno l’ingratitudine: vada, vada, vossignoria, signor don Chisciotte, chè già non potrà mai riaversi questa povera bambina finattantochè vossignoria non si parte di qui„. Cui don Chisciotte rispose: — Fatemi, o signora, trovare per questa sera un liuto nella mia camera, che io consolerò alla meglio quest’addolorata donzella, poichè il presto disinganno suol essere efficace rimedio negli amorosi principii:„ e in ciò dire se n’andò via per non essere notato da chi lo vedesse in quel luogo.
Non s’era appena scostato che tornando in sè la svenuta Altisidora disse alla sua compagna: — Bisognerà mettergli in camera questo liuto, chè senza dubbio don Chisciotte ci vuol dare una musica che buona o cattiva ci procaccerà gran diletto:„ e dopo ciò corsero ad informare la duchessa dell’avvenuto e del liuto che don Chisdotte chiedea; ed ella allegrissima concertò col duca e colle sue donzelle di fargli una burla che fosse più ridicola che spiacevole. Attesero dunque la notte con molto contento, e sopravvenne sì presto come presto era comparso il giorno, il quale fu speso dai duchi in gustosi discorsi con don Chisciotte. La duchessa immaginò, e veramente e realmente spedì durante il giorno quel suo paggio che rappresentata aveva nel bosco la figura incantata di Dulcinea, a Teresa Panza con la lettera di Sancio suo marito, e col fagotto dei panni che aveva lasciato da recarle: e incaricò il messaggiere di essere attento nel riportare la relazione di ciò che fosse accaduto con essa.
Intanto era passata la giornata non solo, ma erano sopraggiunte le undici della notte, quando don Chisciotte trovò il liuto in camera sua. Egli lo accordò; aprì la finestra; sentì gente a camminare in giardino, e fatta una ricercata per i tasti dello strumento, e ridot-