pato in diversi idiomi, ed arricchito e di celebrità e di buon nome nelle lingue degli uomini: dissi di buon nome, perchè in caso diverso, nessun genere di morte sarebbe peggiore del suo tormento. — Se si tratta di alto nome e celebrità, rispose il baccelliere, vossignoria toglie la palma a tutti i cavalieri erranti; perchè il Moro nel proprio idioma, e il Cristiano nel suo, si diedero la più viva premura di rappresentar molto al naturale la sua gagliardia, lo strepitoso suo coraggio nell’affrontare i pericoli, la sofferenza nelle traversie, la tolleranza sì nelle contrarie vicende come nelle percosse ricevute, e l’onestà e la continenza negli amori platonici di vossignoria colla signora donna Dulcinea del Toboso. — Giammai, replicò allora Sancio, ho inteso chiamare col Donna la mia signora Dulcinea del Toboso, ma Signora semplicemente, ed in questo comincia a sbagliar la istoria. — Questa non è obbiezione di alcuna importanza, rispose Carrasco. — No per certo, don Chisciotte soggiunse; ma dicami la signoria vostra, signor baccelliere: quali sono le mie prodezze di cui si è creduto di far maggior conto in codesta opera? — Variano in ciò le opinioni, rispose il baccelliere, a seconda dei gusti diversi. Alcuni vogliono preferita la ventura dei mulini da vento che sembrarono alla signoria vostra giganti e briarei; altri quella delle gualchiere; questi prediligono la descrizione dei due eserciti che poi erano due branchi di montoni; altri tiene in gran pregio la ventura del morto ch’era condotto a seppellire in Segovia; uno sostiene che va sopra ogn’altra la liberazione dei galeotti; un altro che nessuna sta a petto di quella dei due giganti