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capitolo xliv 401

ed ho capegli somiglianti a gigli che si strascinano sul suolo a’ miei piedi.

“Comunque sia aquilina la mia bocca, e il naso un cotal po’ rincagnato, ciò non pertanto, perchè i miei denti sono topazzi, la mia bellezza ne riceve anzi splendore.

“In quanto alla mia voce se tu ora mi ascolti potrai persuaderti ch’essa non teme il paragone delle più dolci: la mia persona è piccioletta anzi che no.

“E tutte queste grazie e tutto quanto posseggo è spoglia riserbata per te. Io sono in questa casa damigella di compagnia: il mio nome è Altisidora„.

Qui ebbe fine il canto della malferita giovane, e cominciamento lo stupore da cui fu colto l’amato don Chisciotte; il quale mettendo grande sospiro, disse seco medesimo: — E che? sarò io dunque cavaliere errante sì sventurato che non possa esistere donzella la quale mi guardi e di me non s’innamori? e dovrà essere sì poco venturosa la senza pari Dulcinea del Toboso che le sia tolto di godere della incomparabile fermezza mia? O regine, che pretendete da lei? a che la perseguitate, o imperatrici? perchè la invidiate, o donzelle di quattordici anni? Lasciate, deh lasciate che la meschina trionfi; che goda, vinca ed esulti con la sorte che si piacque donarle Amore quando le rese schiavo il mio cuore e la fede dominatrice dell’anima mia: avvertite bene, o innamorate donzelle, che per lei sola io sono pieghevole come cera, ma sono poi di marmo per le altre tutte: mele sono io per lei, aloè per voi; per me la sola Dulcinea è adorna di bellezza, discreta, onesta, galante, bennata, e le altre donne mi appaiono brutte, scipite, leggiere e del più basso legnaggio: nacqui al mondo per esser suo unicamente e non di verun’altra: pianga o