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capitolo xxxiv 321

stretto il vincolo di amicizia e di buona fede che passava fra loro. Volò don Chisciotte, e spiccò Sancio, il quale trovandosi libero ed a piè fermo, portò gli occhi sulle sdruciture del suo vestito, e ne fu afflittissimo, poichè credeva di possedere in quell’abito un maggiorasco. Posero frattanto attraverso di una mula il poderoso cinghiale, e coprendolo con piante di ramerino e con rami di mirto, lo portarono qual segno di vittoriosa preda, sotto una tenda di campagna posta in mezzo al bosco ove trovarono preparata la mensa; ed erano i cibi apprestati con sì grande profusione e sontuosità che ben faceano conoscer il lusso e la magnificenza del duca. Sancio, mostrando alla duchessa le piaghe del suo squarciato vestito, le disse: — Se questa fosse stata caccia di lepri o di augelletti, il