casa alla sua non vi è un tiro di balestra, convitò un contadino povero ma onorato. — Avanti, fratello, disse l’ecclesiastico, chè vi siete posto in un viaggio da non uscirne sino al dì del giudizio. — Piacendo a Dio, lo terminerò la metà prima, rispose Sancio. Dico dunque che giunto il tal contadino a casa del detto cittadino convitatore, che il signore dia riposo all’anima sua mentre è già morto, e per più contrassegni assicurano che fece una morte da angelo, alla quale io non era presente, trovandomi in quel tempo a segare a Temblecche... — Per vita vostra, figliuolo, replicò l’ecclesiastico, accelerate il vostro ritorno da Temblecche e senza dare sepoltura al cittadino (se non ne avete altri da sotterrare) mettete fine al vostro racconto. — La conclusione dunque è questa, continuò Sancio, che stando ambedue per mettersi a tavola, chè mi pare in questo momento di vederli più che mai..„. Non è da dirsi quanto si divertissero i duchi del fastidio in cui mostrava di esser l’ecclesiastico per tante dilazioni e pause che andava Sancio facendo, e della bile e della rabbia in cui vedeasi che don Chisciotte si consumava. — Dico dunque, riprese Sancio, che stando quei due, come ho già detto, per mettersi a tavola, il contadino perfidiava col cittadino perchè si mettesse in capo della tavola, ed il cittadino dal canto suo perfidiava perchè l’altro si sedesse egli in quel posto, adducendo che era padrone di comandare le feste in casa sua. Il contadino, che si presumeva di essere cortese e bene creato, non volea consentirvi, sicchè stizzito il cittadino, e postegli ambe le mani sopra le spalle, lo fece sedere per forza, dicendogli: Siedi, ignorantone, chè in qualunque posto io mi metta, io sarò sempre il solo capo di tavola. Questo è il racconto che spero certo di non avere fatto fuori di proposito„. Don Chisciotte diventò di mille colori, e sino anche sopra la bruna sua tinta naturale tralucevano e campeggiavano. I commensali dissimularono le risa perchè egli non montasse in collera, compresa avendo la malizia di Sancio. A fine pertanto di cambiar discorso e impedire a Sancio di tirare innanzi coi suoi spropositi, domandò la duchessa a don Chisciotte che nuove egli recasse della signora Dulcinea, e se in quei giorni le avesse mandato qualche presente di giganti o di malandrini, dei quali egli aveva vinto e soggiogato così gran numero. Cui don Chisciotte rispose: — Signora mia, le sventure cominciarono pur troppo a percuotermi, e vi ha apparenza che non avranno mai fine. E giganti domati e maliardi e malandrini ho inviati a lei; ma dove l’avevano mai a trovare se stassi incantata e trasformata nella più schifosa contadina che possa mai pensarsi? — Non lo direi io, soggiunse Sancio, e quanto a me mi pare la più bella creatura del mondo, almeno nella lestezza