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capitolo xxxi 289

nie. Sopraggiunsero poi dodici paggi collo scalco per condurlo alla mensa, dov’era dai padroni aspettato. Lo attorniarono dunque e pomposamente e con maestà lo condussero in altra sala dove stava apparecchiata ricchissima tavola con soli quattro serviti. La duchessa ed il duca furono alla porta della sala a riceverlo; ed era con essi un grave ecclesiastico di quelli che governano le case dei principi; di quelli, che, non essendo nati grandi, mal possono consigliare veri signori, e spesso, in vece di parchi, li fanno apparir miserabili. Seguirono allora molti cortesi e gentili offizii, e circondato don Chisciotte con riverenza, passarono a sedere alla mensa. Il duca gli offerì il capo di tavola, e tuttochè egli vi si rifiutasse, tante furono le sollecite e gentili insistenze che gli fu forza accettarlo. L’ecclesiastico si pose dirimpetto, ed il duca e la duchessa ai due lati Presente a tutto questo era Sancio attonito e colla bocca aperta in vedere di quale alto onore andava il suo padrone fregiato per cortesia di quei principi; ed osservando i molti complimenti e prieghi che passarono fra il duca e don Chisciotte per farlo stare a capo di tavola, si fece a dire: — Se mi permettono le signorie loro io racconterò una cosa accaduta nel mio paese in proposito delle preferenze di posto„. Non avea egli dette appena queste parole che tremò don Chisciotte, immaginandosi che avrebbe dato in alcuna delle

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