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capitolo xxx 281

se non mi hanno cambiato il nome in culla, o a meglio dire se non lo hanno cambiato nella stampa. — Molto mi compiaccio di tutto questo, disse la duchessa: andate pure, fratello Panza, e dite al vostro padrone che egli sarà il benvenuto in queste mie terre, e che niuna cosa poteva succedermi che mi desse più piacere di questa„.

Sancio per questa tanto gradita risposta ritornò con grandissimo contento al padrone, cui replicò tutte le medesime espressioni di quella grande signora, innalzando coi suoi rozzi termini sino alle stelle la sua bellezza e grazia e cortesia. Don Chisciotte si strinse in sella, pose fermo piè nelle staffe, si accomodò la visiera, spronò Ronzinante, e con molta galanteria volò a baciare le mani alla duchessa; la quale, fatto chiamare il duca suo marito, lo aveva informato, prima che don Chisciotte giugnesse, della vicenda dell’imbasceriaa; e avendo letta ambidue la prima Parte dell’istoria, ed essendo quindi al fatto del pazzo umore di don Chisciotte, lo attesero con indicibile piacere e con vivo desiderio di conoscerlo. Proposero seco stessi di secondare le sue stravaganze, e di concedergli quanto chiedesse, trattandolo alla foggia de’ cavalieri erranti in tutto il tempo che stesse con loro, e senza ommettere alcuna delle cerimonie descritte nei libri di cavalleria che aveano già letti, ed ai quali portavano anche qualche affezione. Arrivò intanto don Chisciotte con la visiera alzata, e facendo mostra di smontare corse Sancio a tenergli la staffa, ma fu sì malavventurato che nello andare giù dal leardo gli rimase un piede attaccato alla fune della bardella per modo che non potè sbarazzarsene, e restò penzolone con la bocca a terra e col petto. Don Chisciotte, non uso a discendere se non gli tenevano le staffe, credendo che già Sancio fosse giunto a fare il suo officio, abbandonossi da un lato per ismontare: ma le cinghie allentaronsi sotto il peso, e la sella e il cavaliere caddero a terra non senza vergogna di lui e non senza scagliare molte maledizioni al disgraziato Sancio, il quale stava tuttavia col piede nella staffa inceppato. Ordinò il duca ai suoi cacciatori che accorressero a trarre dall’impaccio il cavaliere e lo scudiere; ed eglino rizzarono don Chisciotte, sciancato per lo stramazzone, il quale però alla meglio, si strascinò e si pose ginocchioni dinanzi a quei due signori. Il duca non voleva permettere in alcun modo tanta umiliazione, anzi, sceso allora prestamente di cavallo, abbracciò don Chisciotte e gli disse: — Duolmi signor cavaliere dalla Trista Figura, che abbia sì disgraziato successo il primo suo ingresso in queste mie terre, ma non è da maravigliarsene, chè i disattenti scudieri possono essere causa di peggiori successi. — La fortuna che ho nel vedervi, principe valoroso, rispose don Chisciotte, non mi