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240 | don chisciotte |
della grotta di Montèsino; perchè quanto a me (sia con sopportazione di vossignoria), mi ostino a credere che tutto sia stato intrigo o bugia o cose per lo manco da lei sognate. — Tutto potrebbe essere, rispose don Chisciotte; ed io farò quello che tu mi consigli, quantunque mi resti nel proporre queste tali dimande un tantino di scrupolo.
Stando in questi discorsi venne maestro Pietro a dimandare di don Chisciotte, e a dirgli che già il casotto era apparecchiato, e che sua signoria andasse a vederlo, che vi era pregio dell’opera. Don Chisciotte gli comunicò i suoi pensamenti, e lo pregò che interpellasse subito il suo scimiotto per sapere se certe cose avvenutogli nella grotta di Montèsino fossero state vere o sognate, mentre a lui pareva che pizzicassero dell’uno e dell’altro. Maestro Pietro, senza rispondere sillaba andò per lo scimiotto, e condottolo davanti a don Chisciotte ed a Sancio, disse: — Attento, signore scimiotto, chè questo cavaliere brama sapere se certe cose che gli accaddero nella grotta, detta di Montèsino, sieno state false o vere: e fattogli il consueto segno, lo scimiotto gli balzò sulla spalla sinistra, e parlandogli, come pareva all’orecchio, disse subito maestro Pietro: — Lo scimiotto dice che parte delle cose vedute e successe nella grotta sono state false e parte verisimili; e che questo è quello che sa, e niente più risponde intorno a questa dimanda. Dice ancora che se vossignoria vuol sapere di più, nel venerdì venturo risponderà ad ogni dimanda, ma per adesso gli manca la virtù, e non gli può tornare sino a venerdì per quanto ha detto. — Io aveva bene ragione, soggiunse allora Sancio, di non mandare giù le grosse bu-