inviatolo alla signora Belerma, come quegli comandò e volle al punto del suo morire. Risposemi che tutto era verità, ad eccezione della daga, la quale non fu daga veramente nè picciola nè grande, ma sì bene pugnale scannellato, più acuto di una lesina. — Sarà stato, soggiunse allora Sancio, un pugnale di quelli di Ramon di Ozes il sivigliano. — Non lo so, continuò a dire don Chisciotte; ma non può essere di questo venditore di pugnali, perchè quello di Ramon di Ozes è moderno, e l’altro di Roncisvalle, ove accadde questo infortunio, conta infinito numero di anni: ma già la verità e il testo di questa istoria non può essere gran fatto alterato dalla verificazione di cotal circostanza. — Così è per lo appunto, soggiunse il giovane; e prosegua la signoria vostra, signor don Chisciotte, chè io sto ad ascoltarla con grandissima soddisfazione. — Nè con minore io farò il mio racconto, rispose don Chisciotte; e perciò dico che il venerabile Montèsino m’introdusse nel cristallino palazzo, dove in una sala terrena, freschissima soprammodo e tutta di alabastro, giaceva un marmoreo sepolcro con somma maestria