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capitolo xviii | 165 |
Terminata da don Lorenzo la glosa, si alzò don Chisciotte, e con voce tanto sonora che pareva un urlo, presolo per la destra mano, gli disse: — Vivano i cieli contornati di stelle, garzon generoso, chè voi siete il miglior poeta dell’orbe, e meritate la laurea noti già in Cipri o in Gaeta, come disse un poeta, cui Dio perdoni, ina nelle accademie di Atene, se oggigiorno vi fossero, o in quelle che sussistono in Parigi, in Bologna e in Salamanca. Voglia Dio che giudici che vi defraudano del primo premio, vengano colpiti dalle saette di Febo, e che le Muse fuggano per sempre dalle soglie del loro ricetto. Recitatemi, se v’è in grado, o signore, qualche poesia più grave, chè voglio conoscere sin dove si estenda l’ingegno vostro mirabile„. Chi ’l crederebbe che don Lorenzo montò in galloria nell’udire le lodi di don Chisciotte, quantunque lo tenesse per pazzo? Oh forza dell’adulazione, a quanto ti estendi mai! oh come sono ampii i confini della tua allettatrice giurisdizione! Novella prova di questa verità ne diede don Lorenzo, poichè aderendo alle brame di