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capitolo xvi. 139

favore distinto se gradisse la compagnia nostra. — Siate certo, o signore, rispose subito quel passeggiere, che non mi sarei scostato da voi se non avessi temuto che il vostro destriere non si fosse commosso alla presenza della mia cavalla. — Può sicuramente, signor mio, disse allora Sancio, può tirare la briglia alla sua cavalla perchè il nostro è un modello di onestà e di continenza incomparabile, e non si conta una scappata da lui commessa; e sappia che una mera volta ch’ebbe a incapparvi, il mio signore ed io abbiamo fatta per lui la penitenza: non si dia dunque fastidio per questo„.

Tirò allora il passeggiere a sè la briglia, maravigliandosi dell’arnese e del sembiante di don Chisciotte, il quale andava senza celata perchè Sancio la portava, come se fosse valigiotto, all’arcione dinanzi la bardella del leardo. Ma se grande attenzione metteva quello dal verde gabbano in guatare don Chisciotte, molto maggiore ne metteva questi nel considerar l’altro, che sembravagli di un aspetto da forte e da valoroso. Mostrava un’età di circa cinquant’anni, era alquanto canuto e col viso aquilino, e la guardatura era un misto di gravità e di allegria; in fine l’abito e l’attilatura lo faceano credere uomo d’importanza. Il giudizio all’incontro che il passeggiere fece di don Chisciotte si fu ch’egli non si fosse mai imbattuto in uomo di tale portatura e stranezza. Osservava la lunghezza del suo cavallo, la grandezza del suo corpo, il suo volto smunto e giallastro, le arme, la statura, la figura; un ritratto in somma non mai veduto in quelle terre da lungo tempo. Notava don Chisciotte l’attenzione con cui era guardato, e dalla sospensione in cui stava il passeggiere indovinò il suo desiderio; e siccome era molto inchinevole a far piacere a tutti, senza aspettare di essere dimandato di alcuna cosa, fu il primo a dirgli: — Non mi maraviglio punto che la mia figura riesca un po’ strana a vossignoria, per esser nuova e fuori del costume, e che muova perciò la vostra attenzione; ma cesserà la maraviglia quando io vi dica, come vi dico, che io sono un cavaliere di quelli che si dice dal mondo che vanno cercando avventure. Mi allontanai dalla patria, impegnai la mia roba, rinunziai ad ogni benefizio, e mi posi in braccio della fortuna perchè facesse di me il suo piacere: volli far rivivere la morta errante cavalleria; e corre non poco tempo da che con vicendevoli, buoni e tristi successi qua inciampando, là cadendo, qua precipitando, là rizzandomi, ho compiti in gran parte i miei desiderii soccorrendo vedove, difendendo donzelle, favorendo maritate, orfani e pupilli, proprio e naturale offizio dei cavalieri erranti; e così per le mie molte valorose e cristiane prodezze meritato mi sono di andar nominato in quasi tutte o nella maggior parte delle nazioni del mondo. Stanno impressi