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122 | don chisciotte |
essere egli un altro me stesso. Per tutti i segnali che mi avete dati sì esatti e veridici resto convinto che altri non sia se non se lui medesimo colui che voi asserite di aver superato: veggo per altra parte cogli occhi miei proprii, e tocco con mano non esser ciò possibile, quando non fosse che avendo egli molti incantatori nemici, ed uno specialmente che d’ordinario il perseguita, non avesse costai pigliata a prestito la sua figura per lasciarsi vincere, e così defraudarlo della fama da lui guadagnatasi mercè quelle illustri cavallerie che l’hanno reso conosciutissimo per tutta la terra scoperta. In conferma di questo voglio che sappiate ancora, che questi tali incantatori nemici suoi trasformarono, non ha guari, la figura e persona della bella Dulcinea del Toboso in una sozza e vile contadina, e al modo stesso avranno operato anche la trasformazione di lui. Se tutto ciò non bastasse per farvi capace della verità che vi ho detta, eccovi presente lo stesso don Chisciotte in persona che le sosterrà coll’arme alla mano, a piedi o a cavallo o in qualunque altro modo che più vi piacesse„. In ciò dire si rizzò in piedi, e impugnò la spada aspettando che risoluzione prendesse il cavaliere dal Bosco; il quale con tuono egualmente grave rispose a questo modo: — A buon pagatore non dolgono i pegni: colui che una volta, o signor don Chisciotte, ebbe possanza per vincervi trasformato, può molto ben confidare di vincervi nella vostra propria figura: ma perchè sta male che i cavalieri vengano a tenzone all’oscuro come fanno gli assassini e gli sgherri, attendasi il giorno, e sia testimonio il sole delle nostre azioni: sia intanto condizione della battaglia, che il vinto debba rimanere soggetto alla volontà del vincitore, sicchè possa questi disporre di lui a sua voglia, sempre però entro i confini che si convengono ai cavalieri d’onore. — Sono più che contento di questo patto, ed accetto„, rispose don Chisciotte.
Dette queste parole andarono dove stavano i loro scudieri, e li trovarono russanti e sdraiati in quella stessa postura in cui il sonno li aveva sorpresi. Li svegliarono, comandarono loro che tenessero in punto i cavalli, perchè al nascere del sole doveano venire tutti e due a sanguinoso singolare e disuguale combattimento. Sancio rimase attonito e spasimato a questa intimazione, temendo per la vita del suo padrone, attese le prodezze che aveva udite narrare dell’altro. Senza fare altre ciarle se ne andarono i due scudieri a trovar le loro bestie, chè già tutti e tre i cavalli e il leardo cransi fiutati, e stavano insieme. Nel cammino, quello dal Bosco disse a Sancio: — Avete a sapere, o fratello, che i combattenti dell’Andalusia quando sono padrini di qualche battaglia non rimangono mai oziosi con le mani a cintola intanto che i loro appadrinati combattono; e dico questo