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118 | don chisciotte |
di gusto e di odore. Uno lo pregustò appena colla punta della lingua, e l’altro lo annasò soltanto. Decise il primo che il vino sapeva di ferro; il secondo che sapeva di cordovano. Sosteneva il padrone che la botte era nuova e nettissima, e che quel tal vino non avea alcun acconcime da cui avesse potuto venirgli sapore o di ferro o di cordovano. Contuttociò i due gran beoni stettero forti nel loro proposto. Passò qualche tempo, si vendette il vino, e quando nettarono la botte trovarono nel fondo di essa una piccola chiave attaccata ad una coreggia di cordovano. Ora vegga vossignoria se chi procede da cotal razza può essere giudice competente in questa materia. — Ed è appunto per questo che io ripeto, soggiunse quello dal Bosco, che noi tralasciamo di andare cercando venture, e poichè abbiamo focacce non andiamo in cerca di stiacciate, e torniamcene alle nostre capanne. A buon conto io resterò al servigio del mio padrone fino a tanto che arrivi a Saragozza, e poi ognuno saprà quello che avrà a fare„.
Tanto in fine andarono ciarlando e bevendo i due buoni scudieri, che per necessità giunse il sonno a legare le loro lingue e a temperare la loro sete; chè lo smorzarla affatto sarebbe stato impossibile. Attaccatisi entrambi alla quasi vôta borraccia, con i bocconi mezzo masticati in bocca si addormentarono; e noi lasceremo per ora che riposino in pace por raccontare ciò che seguì tra il cavaliere dal Bosco e quello dalla Trista Figura.