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capitolo xi 103

nere umano„. Nel dire questo, si volse alla carretta che stata già presso al villaggio, e con sonora voce esclamò: — Fermateti, aspettate, turba buffona e impertinente, chè voglio insegnarvi come si hanno a trattare le bestie che servono di cavalcatura agli scudieri dei cavalieri erranti„. Sì grande era lo schiamazzo di don Chisciotte che fu presto inteso da quelli della carretta; i quali arguendo dalle parole l’intenzione di chi le proferiva, cacciarono tosto fuori dalla carretta la Morte, e dietro a lei l’Imperadore, il Demonio carrettiere e l’Angelo, senza che restasse indietro la Regina e il dio Cupido; e caricatisi tutti di pietre si posero in ischiera aspettando di fare a don Chisciotte un magnifico ricevimento coi loro sassi. Don Chisciotte che li vide posti in sì formidabile squadrone, colle braccia inalberate e in atto di fargli piovere addosso un monte di pietre, tirò le redini a Ronzinante, e stette perplesso sul modo di eseguire la nuova prodezza col minore pericolo della sua propria persona.

Sopravvenne Sancio sul fatto, e vedendo don Chisciotte così apparecchiato all’assalto gli disse: — Sarebbe grande pazzia, o signore, il mettersi a questa impresa; consideri vossignoria, signor mio, che contro piena di torrente e furia di frombola non vi ha difesa al mondo, e il meglio sarebbe cacciarsi e rinchiudersi in una campana di bronzo; e poi consideri ch’è più temerità che valore che un uomo solo assalga tutto un esercito dove combatte la morte, sono in arme gl’imperadori e danno aiuto gli angeli buoni e cattivi. Se queste considerazioni non persuadono vossignoria a far alto, la persuada senz’altro il sapere di certo che fra tutti quelli che stanno quivi, tuttochè rassembrino principi, re e imperadori, non v’è un solo cavaliere errante. — Sancio, tu hai dato nel punto, disse don Chisciotte, e non occorre di più per rimovermi dalla mia opinione. Io non posso nè debbo metter mano alla spada, come tante altre volte ti dissi, contro chi non sia armato cavaliere; tocca a te se vuoi pigliarti vendetta del torto che al tuo leardo si è fatto; ed io intanto ti presterò opportuno soccorso colle parole e col consiglio. — Qua non c’è da pigliare vendetta di sorte, o signore, rispose Sancio, mentre non è da buon cristiano il volere rifarsi delle offese ricevute: e tanto più che impetrerò dal mio asino che anch’egli rimetta le sue ragioni nella mia volontà, ch’è quella di terminare tranquillamente i giorni che il cielo mi concede di vita. — Poichè, replicò don Chisciotte, così hai risolto, o Sancio buono, o Sancio discreto, o Sancio cristiano, o Sancio sincero, abbandoniamo siffatte fantasime, volgiamci a cercare migliori e più importanti avventure, chè veggo già apparecchiarsene in questi luo-