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capitolo x 93

sorte, ed ha chiusa ogni strada al conforto per questa afflitta anima che ho nelle carni: e tu, o apice del merito il più singolare, confine della umana gentilezza, unico rimedio di questo angustiato cuore che ti adora, credi pure che un malefico incantatore mi perseguita, ed ha velati con nubi e cateratte gli occhi miei, trasformando per queste sole luci infelici la tua senza pari bellezza e sembianza in quella di una rozza contadina, e fors’anche ha cambiato il mio viso in quello di qualche fantasima per renderlo detestabile agli occhi tuoi: ma deh! non mi negare un tenero amoroso sguardo, compiacendoti di vedere nella sommessione e nell’inginocchiamento che da me si fa dinanzi alla tua contraffatta bellezza, l’umiltà con cui quest’anima mia ti adora. — Oh che sì, rispose la contadina, che vossignoria s’è proprio imbattuta in donna a cui piaccia sentire le parole amorose! Si levino di qua, e ci lascino andare pei fatti nostri, chè sarà pur meglio„. Sancio si fece in disparte, e lasciò la strada libera, allegrissimo di vedersi così bene riuscito da tanto intrico. Non si vide appena in libertà la villana a cui era toccato di rappresentare senza sua voglia Dulcinea, che pungendo la sua cananea con il pungolo che stava a capo di un suo bastone, cominciò a correre alla volta del prato a più potere: ma l’asina non volendo tollerare la punta del bastone che la molestava più del solito, cominciò a far corvette in maniera che stramazzò la signora Dulcinea quanto era lunga. Don Chisciotte, veduto questo, accorse a rizzarla,