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capitolo ix. 77


dendomi immantimenti che in quegli scartafacci si contenesse la storia di don Chisciotte. Con questa idea nella mente, lo pregai subito subito che mi leggesse il principio del libro; ed egli assecondando il mio desiderio, e traducendo l’arabico in castigliano, disse che stava scritto: Storia di don Chisciotte della Mancia scritta da Cid Hamet Ben-Engeli storico arabo. Durai molta fatica a dissimulare il contento che provai nel sentire il titolo di quel libro; e togliendolo di mano al setajuolo, comprai dal ragazzo tutti i fogli e gli scartafacci per mezzo reale: che se quegli avesse potuto conoscere a fondo il mio desiderio, me li avrebbe fatti pagare anche sei reali.

Ridottomi con quel Morisco nel chiostro della chiesa maggiore, lo ricercai che mi traducesse in lingua castigliana tutto ciò che risguardava don Chisciotte, senza farvi la menoma alterazione, offrendogli quella mercede che avesse chiesto. A prezzo di cinquanta libbre di uve passe e di due staja di grano mi promise di farne una buona e fedel traduzione, ed in tempo assai breve; ond’io per agevolar quest’affare e non lasciarmi sfuggir di mano sì bella fortuna, lo condussi a casa mia, dove in poco più di un mese e mezzo tradusse la storia al modo stesso come qui vien riportata1.

Trovavasi nel primo scartafaccio dipinta al naturale la battaglia di don Chisciotte col Biscaino, e in attitudine, come parla il libro, di tenere le spade per aria, l’uno coperto colla rotella, e l’altro col guanciale; e la mula del Biscaino espressa al vivo per modo da scorgere anche a un tiro di balestra ch’era mula da vetturino. A piedi del Biscaino stava scritto: don Sancio di Aspezia, chè doveva esser questo il suo nome, e in un altro cartello leggevasi a piè di Ronzinante: don Chisciotte. Vedevasi Ronzinante dipinto maravigliosamente tutto lungo, stirato, estenuato, debole, con il filo della schiena sì asciutto ed etico dichiarato a tal punto, che mostrava a tutta evidenza con quanta ponderazione e proprietà gli fosse stato posto il nome di Ronzinante. A lui dappresso stava Sancio Panza, che tenea l’asino pel capestro, ed appiè dello stesso eravi la iscrizione: Sancio Zanca,

  1. Per adattarsi alla moda, Cervantes finse che il suo romanzo fosse stato scritto da un Moro, riservando a sè il titolo di semplice editore. L’orientalista don José Conde ha recentemente mostrato che il nome Ben-Engeli dato al supposto autore corrisponde a quello di Cervantes, considerata la sua radice cervo. Ma l’accademia di Troyes nella Sciampagna invece, verso la metà del secolo XVII, mandò uno de’ suoi dotti a Madrid per verificare se la traduzione del Cervantes era conforme al manoscritto arabo, che doveva trovarsi nella biblioteca dell’Escuriale, mettendo altresì fra le sue istruzioni, che il pubblicarne il testo sarebbe stato utilissimo alla letteratura orientale.