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capitolo viii. 71


rie, vedendo don Chisciotte impegnato a parole con quelli che seguitavano il cocchio, diedero tante percosse a Sancio, che stramazzatolo in terra fuori di sentimento, non gli lasciarono pelo sul mento; e senz’aspettare un istante fecero rizzare il frate tutto tremante e avvilito e senza colore in viso; il quale, come si vide rimesso a cavallo, s’indirizzò alla volta del suo compagno che molto da lontano stava osservando e attendendo come dovesse finire tanta battaglia. E senz’altro indugio seguitarono il loro viaggio facendosi tanti segni di croce che se il demonio stesso li avesse inseguiti sarebbero stati ancor troppi. Stava don Chisciotte, come s’è detto, ragionando con la signora del cocchio, e le diceva: “La vostra bellezza, signora mia, può oramai disporre di sè medesima a suo senno, poichè la superbia di questi vostri assassini giace abbattuta al suolo mercè il valore del mio braccio; e perchè non abbiate a penar per sapere il nome del vostro liberatore siavi noto ch’io mi chiamo don Chisciotte della Mancia, cavaliere errante, venturiere e prigioniere della vezzosa senza pari Dulcinea del Toboso. In guiderdone del benefizio che avete ricevuto da me altro da voi non chieggo, se non che ve n’andiate al Toboso, e presentandovi per parte mia dinanzi a questa signora, le diate contezza di quanto ho operato per ridonarvi la libertà„. Uno scudiero tra quelli che seguitavano il cocchio, e ch’era biscaino, stava ascoltando tutto ciò che dicea don Chisciotte, e vedendo ch’egli non permetteva alla carrozza di proseguire pel suo cammino, ma l’obbligava a dar volta verso il Toboso, afferratagli la lancia, si fece a dirgli in cattivo castigliano e peggior biscaino: “Va, cavaliere, col tuo malanno: ti giuro per chi m’ha messo al mondo che se tu non lasci andar questo cocchio ti ammazzo da biscaino che sono„. Comprese benissimo don Chisciotte quant’egli avea detto, e con molta gravità gli rispose: “Se tu fossi cavaliere, che nol sei, vilissima creatura, il tuo temerario ardimento avrebbe a quest’ora trovato il meritato castigo„. Al che replicò il Biscaino: “Io non sono cavaliere? Giuro a Dio che tu menti come cristiano. Se porti lancia e cingi spada vedrai quanto presto il gatto te la graffierà via! biscaino in terra, idalgo in mare, idalgo pel diavolo! e mente chi porta altra opinione. — Or la vedremo, rispose don Chisciotte; e gittando la lancia in terra sfoderò la spada, imbracciò la rotella ed assalì il Biscaino con animo determinato a privarlo di vita. Il Biscaino che sel vide venire addosso a quel modo, avrebbe voluto smontar dalla mula (chè per essere delle più triste non potea fidarsene troppo) ma non riuscendo, cominciò ad adoperare la spada. Volle la sorte che trovandosi assai presso al cocchio ebbe opportunità di dare di piglio a un guanciale che gli servì di scudo, dopo di che vennero l’un