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60 | don chisciotte. |
manzia gli fa prevedere che io debbo col tempo combattere in singolare tenzone con un cavaliere da lui protetto, e vincerlo senza ch’egli lo possa salvare. Per questo egli a tutto suo potere procura di farmi dispetto; ma io gli dico che mal potrà contrastarmi, nè opporsi a quello che il cielo ha ordinato. — E chi ne dubita? disse la nipote. Tuttavolta chi obbliga mai vossignoria, signor zio, a impacciarsi in siffatte brighe? Non sarebbe miglior consiglio di restarsene pacificamente in casa anzichè andar pel mondo a cercare miglior pane che di frumento, senza riflettere che tanti e tanti vanno per lana e tornano spelacchiati? — O nipote mia, rispose don Chisciotte, quanto v’ingannate! prima che alcuno mi tratti come voi dite, pelerò il mento a quanti mai si figurassero di torcermi pur un capello„. Si tacquero ambedue le donne, vedendo ch’egli già avvampava di sdegno. Fatto sta, che per quindici giorni don Chisciotte rimase in casa tranquillo, senza dar segno veruno di ricadere ne’ suoi primi vaneggiamenti; e in que’ giorni s’intrattenne parlando molto piacevolmente col curato, col barbiere e co’ suoi compari, sostenendo però che il mondo aveva soprattutto bisogno de’ cavalieri erranti, e che in lui risuscitasse l’antica cavalleria. Qualche volta il curato si opponeva, qualche altra gli menava buoni i suoi detti, perchè se diversamente si fosse regolato, non sarebbesi giammai accordato con lui.