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de’ libri di cavalleria, ma sono libri da passatempo senza pregiudizio d’alcuno. — O signore! soggiunse la nipote, il miglior partito sarà di mandarli come gli altri al fuoco, perchè non sarebbe gran maraviglia, che riuscendoci di risanare il mio signor zio dalla malattia cavalleresca, egli si desse a leggere questi libri, e quindi gli venisse il capriccio di farsi pastore, e di andarsene per boschi e per prati cantando e sonando, o, ciò che saria peggio, diventar poeta; chè, a quanto si dice, è un’altra malattia insanabile e contagiosa. — Questa ragazza parla del miglior senno, disse il curato, e quindi sarà ben fatto di togliere dinanzi al nostro amico siffatto pericolo di ricadere. E giacchè abbiamo cominciato dalla Diana di Montemaggiore, stimo che non vada abbruciata, purchè se ne levi quanto appartiene alla savia Felicia e all’Acqua incantata, con quasi tutti i versi, sicchè le resti la sua prosa eccellente, e l’onore di essere stato il primo libro di questa specie. — Questo che viene, disse il barbiere, è la Diana, chiamata Seconda del Salamantino1; e di quest’altro che porta lo stesso titolo, n’è autore Gil Polo2. — Quanto a quella del Salamantino, disse il curato, accompagni ed accresca pure il novero de’ condannati alla corte; quello di Gil Polo si custodisca gelosamente come se derivasse da Apollo medesimo. Ma passi innanzi, signor compare, e affrettiamoci, chè si va facendo tardi. — Questi, disse il barbiere aprendo un altro volume, sono i Dieci libri della fortuna di Amore composti da Antonio di Lofraso poeta sardo3. — Per quanto vale il giudizio mio, disse il curato, da che Apollo è Apollo, muse le muse, e poeti i poeti, non fu composto giammai libro tanto grazioso e spropositato a un tempo medesimo quanto questo; per la sua invenzione è il migliore e il più singolare di quanti n’uscirono mai alla luce del mondo, e chi non lo ha letto può far conto di non aver letto mai produzione veramente gustosa: datelo qua, compare, chè sono più contento d’aver trovato questo libro che se qualcuno mi avesse regalata una veste di raso di Firenze„. Con somma compiacenza lo mise da banda, ed il barbiere proseguì leggendo il Pastore d’Iberia4, le Ninfe di Henares5, i Rimedii della gelo-

  1. Salmantino vuol dire di Salamanca, e fu un medico di quella città per nome Alonzo Perez.
  2. Poeta di Valenza che continuò l’opera di Montemaggiore sotto il titolo di Diana innamorata.
  3. Eccone il titolo compiuto: I dieci libri della Fortuna d’amore dove si troveranno gli onesti e pacifici amori del pastore Tressano e dell’avvenente pastorella Fortuna. Barcellona, 1573.
  4. Per don Bernardo de la Vega canonico di Tucumam. Siviglia 1591.
  5. Per Bernardo Gonzales di Bobadilla. Alcala 1587.