porgendo uno alla volta per conoscere di che trattassero, potendo essere che qualche opera non meritasse la pena del fuoco. “No, no, disse la nipote, non si dee perdonare ad alcuno di essi, mentre tutti sono concorsi a questo danno: il più savio partito sarebbe gittarli per la finestra nell’atrio, farne un mucchio ed appiccarvi il fuoco; o per evitare il fastidio del fumo sarebbe anche meglio fatto trasportarneli in corte ed ivi incendiarli. Lo stesso disse la serva, sì grande era in ambedue la smania di veder morti quegl’innocenti; ma non v’assentì il curato senza leggerne almeno i titoli. Il primo pertanto che maestro Nicolò gli porse fu quello dei Quattro libri d’Amadigi di Gaula1. “Sembra, disse il curato, che qui vi sia qualche mistero, da che, a quanto intesi dire, questo fu il primo libro di cavalleria stampato in Ispagna, e gli altri tutti che di poi gli tennero dietro pigliarono da lui principio ed origine. Laonde mi pare che come capo di mala setta si debba dar alle fiamme senza veruna remissione„. — Signor no, soggiunse il barbiere, chè mi fu detto che questo è il migliore di quanti libri di simil fatta furono composti; e perciò, come unico nella sua specie, può meritare perdono. — È vero, disse il curato, e perciò gli si preservi la vita per ora. Vediamo quest’altro che gli sta a canto. Sono, disse il barbiere, le Prodezze di Splandiano figliuolo legittimo d’Amadigi di Gaula2. In verità che qui non ha da giovar al figlio la bontà del padre: prendete, signora serva, aprite quella finestra, git-
- ↑ Non si conosce precisamente il primo autore dell’Amadigi di Gaula, nè qual fosse il paese dove questo libro tanto famoso venne in luce la prima volta; ma si tiene per certo che questo paese non fosse la Spagna, alla quale dicono che pervenisse o dalla Fiandra o dalla Francia o dal Portogallo. Quest’ultima opinione pare che abbia maggior fondamento dell’altre: e finchè non si trovino altre notizie può credersi che l’autore originale dell’Amadigi fosse il portoghese Vasco di Lobeira, vissuto secondo alcuni alla fine del secolo XIII, secondo altri alla fine del XIV. Da prima cominciarono ad andare in giro manoscritte le traduzioni spagnuole di alcuni frammenti che poi si stamparono separati nel secolo XV; finchè nel 1525 Garcia Ordonnez de Montalvo, raccolti e ordinati questi frammenti, ne fece la sua compiuta edizione. Nel 1540 d’Herberey pubblicò una traduzione francese dell’Amadigi molto lodata al suo tempo, ma caduta poi in oblio da che il conte di Tressan diede fuori la sua libera imitazione. Ne conosciamo una traduzione italiana stampata in Venezia nel 1572.
- ↑ Questo libro va sotto il titolo di Ramo ch’esce dai quattro libri d’Amadigi di Gaula detto le prodezze del valorosissimo cavaliere Esplandiano figliuolo dell’eccellente re Amadigi di Gaula. Alcala 1588. N’è autore quel Garcia Ordonnez de Montalvo che pubblicò l’Amadigi. Dice nel principio che queste Prodezze furono scritte in greco dal maestro Helisabad chirurgo d’Amadigi, e ch’egli le ha tradotte. Perciò diede al suo libro il titolo di las Sergas deducendolo un po’ stranamente dal greco erga. Fu tradotto in italiano da Mambrino Roseo.