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capitolo lii. 573

mai che alcuno di voi muova un passo più innanzi senza porre la dama nella libertà ch’ella merita. A tali parole avvisandosi tutti che don Chisciotte dovesse essere qualche pazzo, cominciarono a ridere e a farne beffe; ma ciò mise il colmo alla sua furia, e senz’aggiunger una sola parola trasse la spada, e si diresse alla volta della barella. Uno di quelli che la portavano, lasciando il peso ai compagni, andò incontro a don Chisciotte inalberando una forcina, o bastone forcuto, che serviva di sostegno a quel peso quando di tratto in tratto fermavansi a riposare; ma ricevendo un gran colpo che gli avventò don Chisciotte, fu il bastone spezzato in due parti. Allora col tronco che gli restò in mano il Disciplinante aggiustò sì gran colpo alla spalla del cavaliere errante dal lato della spada, che non potendo difendersi colla targa contro la forza villana stramazzò mezzo rovinato. Sancio Panza, tutto ansante venne a raggiungerlo e vedendolo a terra gridò al suo offensore che non lo colpisse di più, essendo un povero cavaliere incantato che non avea fatto male ad alcuno in tutto il tempo di vita sua. Ciò che trattenne il Disciplinante non fu però lo schiammazzo di Sancio, ma il vedere che don Chisciotte non muoveva più piede nè mano. Già tutti credevano che fosse morto, sicchè legossi presto la veste alla cintola, e si diede a fuggire per la campagna come un daino. A questo punto arrivarono tutti gli altri della compagnia di don Chisciotte, ed allora i Disciplinanti che formata aveano la processione, e che li videro venir correndo e con seco gli sgherri coi loro archibusi, si fecero dattorno alla carretta, ed alzati i cappucci ed impugnate le discipline, i chierici coi candellieri stavano pronti a schermirsi dall’assalto, e decisi di tenersi sulla difesa od anche di offender, potendo, i loro aggressori; se non che la fortuna condusse l’affare impensatamente a buon termine. Il curato fu conosciuto da un altro curato ch’era nella processione, e questa reciproca riconoscenza portò la calma nei due timorosi agitati squadroni. Il primo curato diè conto al secondo in due parole dell’umore di don Chisciotte, ed allora l’altro e con lui tutta la turba dei Disciplinanti, passarono a vedere se il povero cavaliere fosse realmente morto. Sancio intanto nella sua disperazione era venuto a gettarsi sul corpo del suo padrone, e credendolo egli pure spacciato, prorompeva nel più dolente e insieme ridicolo pianto del mondo. Standogli sopra tutto scompigliato, così cominciò il suo lamento: — Ah fiore della cavalleria, che da una bastonata sola vedesti rompere il corso dei tuoi anni bene impiegati! ah decoro della tua stirpe, onore e gloria di tutta la Mancia ed anche di tutto il mondo, che oramai privo di te per la tua morte resterà pieno di malfattori senza timore di