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558 | don chisciotte. |
di loro?„ Le parole del capraio erano in piacere di quanti le udivano, ma singolarmente del canonico, che replicò: — Via, via, fratello, acchetatevi un poco, nè vogliate darvi sì gran fretta per obbligare la capra a tornarsi al suo gregge, chè essendo ella femmina, come voi dite, ha da seguitare il naturale suo istinto per quanto voi vi sforziate ad opporvele. Pigliate questo boccone, bevete un poco per ammorzare la collera, e si riposerà frattanto la capra„. Così dicendo gli porse sulla punta del coltello un pezzo di coniglio freddo. Lo prese il capraio, si mostrò grato, bevette alquanto, e deposto ogni dispetto disse: — Non vorrei che per avere io parlato con questa bestia come se fosse una creatura ragionevole, le signorie vostre mi avessero in conto di scimunito, perchè in verità non furono senza un’arcana ragione le parole che ho dette. Io sono un villano, è vero, ma so bene come si dee procedere cogli uomini e colle bestie. — Lo credo senza verun dubbio, soggiunse il curato, perchè la sperienza mi ammaestra che le montagne producono uomini di sapere, ed anche nelle capanne pastoreccie alberga la filosofia. — Se non altro accolgono, replicò il capraio, uomini sperimentati: e perchè tenghiate per vera questa mia sentenza, e la tocchiate con mano, quantunque io vegga di trovarmi a convito senza essere invitato, pure se non vi dispiacesse ascoltarmi vorrei alle brevi raccontarvi una istoria che confermerebbe ciò che questo signore (accennando il curato) ha detto„. Rispose don Chisciotte. — Supponendo che la vostra istoria contenga in sè l’apparenza di un’avventura cavalleresca, io, quanto a me, ne ascolterò ben volentieri, e vi ascolteranno eziandio questi signori; cominciate dunque, amico mio, chè noi tutti vi presteremo ogni attenzione. — Tranne però la mia persona, disse Sancio, chè me ne vado con questo poco di cibo a quel fiumicello perchè voglio prenderne una corpacciata da restare satollo per tre giorni interi: tanto più che ho udito dire dal mio signor don Chisciotte, che lo scudiere del cavaliere errante ha da mangiare quando può a crepapancia, potendo accadergli di entrare in una selva sì folta da non saperne uscire in sei giorni; e se l’uomo non è sfamato, o non ha le bisacce ben provvedute, può restarsene, come qualche volta accade, simile ad un pezzo di carne di mummia.
— Tu cogli nel segno, o Sancio, don Chisciotte soggiunse: vattene dove ti piace, e mangia a sazietà, chè io già mi trovo empiuto, e non mi resta altro che pascere lo spirito, lo che farò ascoltando la storia di questo buon uomo. — Faremo lo stesso noi pure,„ disse il canonico, e pregò il capraio a dare principio a quanto aveva promesso. Il capraio diede due palmate sui fianchi alla capra,