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554 | don chisciotte. |
melanconia che la opprimesse, e rendersi migliore la sua condizione comunque affannosa. Se deggio parlare di me, io posso affermare che dal tempo io cui mi sono applicato all’esercizio della errante cavalleria mi trovo valoroso, cortese, liberale, gentile, generoso, splendido, audace, piacevole, paziente, sopportatore di fatiche, di prigionie, d’incanti: e tuttochè io mi sia veduto poco fa rinserrato in una gabbia come un pazzo, penso nondimeno, mercè il valore del mio braccio e col favore del cielo, che mi vedrò fra pochi giorni re di qualche regno, dove mi si aprirà il campo di mostrare la grandezza e la magnanimità del generoso mio cuore. Io ho osservato, o mio signore, che il povero resta inabile a poter palesare la virtù della liberalità con chicchessia, benchè egli la possegga in grado eminente. Quella gratitudine che consiste nel solo desiderio è cosa morta; e questa è la ragione per cui io vorrei che la fortuna mi presentasse senza indugio qualche opportunità di poter diventare un imperatore, poichè io mostrerei il mio animo beneficando gli amici. Allora sì ch’io avrei specialmente a animo questo poveretto di Sancio Panza mio scudiere, ch’è il più buon uomo del mondo, e a cui vorrei regalare una contea, che gli ho promessa da molto tempo, benchè qualche volta io dubiti ch’egli sia per essere poi da tanto da governare il suo nuovo Stato„.