e una moltitudine di cavalieri e tanti imperadori di Trabisonda e tanti Felismarti d’Ircania, e tanti palafrenieri, e tante erranti donzelle, serpi, fantasime, giganti, e inaudite avventure, e tanta specie d’incantesimi e battaglie e furiosi incontri, e tanta bizzarria di vestiti, e tante principesse innamorate, e tanti scudieri, conti e nani, e tante lettere e tanti concetti amorosi, e tante gagliarde donne, e finalmente tante e sì spropositate cose come sono quelle che nei libri di cavalleria si contengono? Io so dire di me, che leggendoli, quando considero che sono tutte bugie e frivolezze, mi danno qualche piacere; ma se richiamo alla mente quello che sono in realtà, butto contro alla muraglia il migliore libro ch’io mi abbia, e lo gitterei anche sul fuoco come ben meritevole di tanto castigo. Giunge questa razza di opere sino all’ardire di turbare gl’ingegni dei giudiziosi e bennati cittadini; di che n’è prova lo stato presente di vossignoria, che hanno ridotto a tale da essere necessario di rinchiuderla in una gabbia, conducendola sopra un carro tirato da buoi, come si strascina un qualche leone o una qualche tigre da paese a paese per farvi sopra guadagno col mostrarli alla gente. Eh via, signor don Chisciotte, combatta le sue opinioni, rimettasi alla ragione, e si valga in suo pro di quella discrezione di cui lo ha favorito il cielo, impiegando il felicissimo suo talento in altre letture che tornino a giovamento della sua coscienza e ad ingran-