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capitolo xlviii. 539

cio: ora la cosa che io desidero di sapere si è ch’ella mi dica senza aggiungere o levar sillaba, ma con netta e leale verità, come spero che sarà per fare e come la dicono tutti quelli che professano l’esercizio delle armi, sull’esempio di vossignoria, vero cavaliere errante... — Ti replico, rispose don Chisciotte, che non mentirò mai, e finiscila di tirarmi così per le lunghe. — Dico, soggiunse Sancio, che sono certissimo della bontà e della lealtà del mio padrone, e per questo (facendo ciò al caso nostro) gli chiedo, parlando con riverenza, se per caso dopo che vossignoria sta qui ingabbiato le è venuto mai voglia di alleggerirsi o per dinanzi o per di dietro? — Non comprendo, disse don Chisciotte, che cosa sia questo alleggerirsi: spiegati meglio se vuoi ch’io ti risponda a dovere. — È possibile che non intenda la signoria vostra che cosa ciò voglia dire? Eppure questo è quello che fanno tutti i bimbi appena spoppati e i ragazzi delle scuole. Farò più chiaramente la mia dimanda: non le viene mai il prurito di fare ciò che uno non può fare per un altro? — Ora t’intendo, Sancio: sì, sì, molte volte, disse don Chisciotte, e l’ho anche adesso questo prurito: anzi cavami, Sancio mio, da questo pericolo, chè credo certo di aver cominciato.