Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.1.djvu/553


capitolo xlviii. 535

la rappresentazione di una bene ordinata commedia, oltre al divertire lo spettatore cogli scherzi, lo rimanda addottrinato dalle verità, maravigliato dagli avvenimenti, illuminato dai ragionamenti, ammaestrato dal magistero e dagli esempli, sdegnato contro il vizio ed innamorato della virtù. Tutti questi effetti può risvegliare la buona commedia nell’animo dell’uditore, sia pur egli zotico e ignorante; ed è quasi impossibile che la commedia, la quale in se contenga tutte queste parti, non possa rallegrare, trattenere e rendere soddisfatti più dell’altre che ne mancano, quali sono quelle che di ordinario noi vediamo sulle scene. Nè la colpa è dei poeti che le compongono, perchè ve n’ha taluno il quale sa benissimo che scrive male e conosce per eccellenza ciò che dovrebbe fare; ma, dicono (e dicono il vero) che non sarebbero comperate da chi le recita se non fossero di un falso gusto; per la qual cosa il poeta cerca di adattarsi al volere e al capriccio del commediante che gli dee pagare la sua opera. Fanno di ciò prova le infinite commedie composte da un felicissimo ingegno di questi regni1 con sì grande vaghezza, con sì bel garbo, con versi di sì acconcia eleganza, con sì gravi sentenze, e finalmente con tanta facondia e altezza di stile, che meritano una celebrità universale: costretto però questo poeta a conformarsi al piacere dei commedianti non potè cogliere in tutte, come in alcune, il vero punto della perfezione. Alcuni scrittori compongono senza pensare a ciò che si fanno, e sì sciaguratamente che, terminata la rappresentazione, sono obbligati i commedianti a fuggire ed a nascondersi per tema di essere castigati. Ora cesserebbero tutti questi disordini e molti altri che da me si tacciono se si trovasse alla corte una persona intelligente e saggia, la quale assumesse di prendere in esame le commedie tutte che si compongono: e non solo quelle che sono scritte per la corte, ma quelle tutte che voglionsi rappresentare nel restante della Spagna. Questo è il segreto per ottenere una riforma nel teatro. Se poi ad un altro, od al revisore stesso si desse l’incarico di esaminare i libri di cavalleria che di nuovo si componessero, potrebbe per certo riuscirne taluno della perfezione testè accennata da vossignoria, arricchendo in questo modo la nostra lingua dell’aggradevole e prezioso tesoro della eloquenza, ed ottenendo che alla luce dei libri nuovi restassero oscurati i vecchi con onesto passatempo non pure degli oziosi, ma sì anche delle persone, non essendo possibile che l’arco stia sempre teso, nè che l’umana fiacchezza possa sostenersi senza una qualche lecita ricreazione„.


  1. Lope de Vega. È da notare che Calderon, Moreto ed altri famosi furono posteriori al Cervantes.