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capitolo xlvii. 523

cere ai meritevoli con i mezzi più indiretti e maligni. La virtù sola è ad onta di ciò sì possente che da per sè, e a dispetto di quanta negromanzia fosse mai saputa dal suo primo inventore Zoroastro sino a noi, riuscirà salva da ogni pericolo, e darà di sè così chiara luce al mondo come la dà il sole al cielo. Perdonatemi, belle dame, se per qualche mia trascuraggine vi avessi apportato dispiacere; chè di animo deliberato non so di averne mai fatto ad alcuno; e pregate Dio che uscire mi faccia da questa prigione, dove mi ha posto un qualche incantatore perverso. Se un giorno n’escirò libero, non mi fuggiranno giammai dalla memoria i favori da voi ricevuti in questo vostro castello, e vi mostrerò la mia gratitudine col servirvi e ricompensarvi come meritate„.

Nel tempo che le supposte dame del castello conversavano con don Chisciotte, il curato e il barbiere si accommiatarono da don Fernando e dai compagni suoi, dal capitano, da suo fratello e da tutte quelle contente signore, e specialmente da Dorotea e da Lucinda; e si abbracciarono tutti promettendosi a vicenda di darsi notizie dei loro successi. Don Fernando indicò al curato dove potesse scrivergli per informarlo come la sarebbe finita in riguardo a don Chisciotte, assicurandolo che gli sarebbe riuscito graditissimo l’averne le nuove; e ch’egli poi gli avrebbe dato ragguaglio di tutto ciò che potea soddisfarlo così rispetto al suo maritaggio, come al battesimo della bella Zoraida, all’affare di don Luigi ed al ritorno di Lucinda in seno alla sua famiglia. S’impegnò il curato di eseguire con ogni esattezza quanto gli veniva raccomandato, e reiteraronsi gli abbracciamenti una e più volte: e rinnovaronsi reciprocamente le gentili offerte. L’oste si accostò al curato, e gli consegnò alcune carte dicendogli di averle trovate nella fodera del valigiotto dove stava la Novella del curioso indiscreto, e che non essendo più tornato il suo padrone a ricuperarle, se le recasse pure con sè, non facendone egli verun caso per non saperle ben dicifrare. Le aggradì il curato, e spiegandole sull’istante vide che in fronte degli scritti leggevasi: Novella di Rincometto e Cortadiglio. Immaginando che si trattasse di qualche piacevole storietta, ed avendo molto gradito l’altra del Curioso indiscreto, suppose che anche questa lo avrebbe soddisfatto, potendo darsi che fossero state composte ambedue da un medesimo autore: la tenne dunque custodita, riserbandosi di farne la lettura a tempo più opportuno1. Montò a cavallo, e così pure il barbiere suo amico, ambedue involti nei loro pappafichi per non essere così presto riconosciuti da don Chisciotte.

  1. Trovasi questa Novella fra le stampate di Cervantes, ed è leggiadrissima.