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516 | don chisciotte. |
disse don Fernando; e dee perciò la signoria vostra, signor don Chisciotte, perdonargli e ricondurlo al grembo della sua buona grazia sicut erat in principio, e prima che le fantasime lo facessero uscir di cervello„. Rispose don Chisciotte che gli perdonava. Allora il curato gli ricondusse Sancio, il quale gli venne dinanzi in atto di somma umiltà, e inginocchiatosi, prese la mano al suo padrone che gliela porse, e dopo essersela lasciata baciare gl’impartì la benedizione, e gli disse: — Ora finirai di convincerti, Sancio figliuolo, esser vero quanto altre volte ti ho detto, cioè che le cose tutte che passano in questo castello seguono solo per incanto. — Così crederò, rispose Sancio, eccettuato pero l’affare dello sbalzamento della coperta ch’è succeduto per le vie ordinarie. — Non crederlo, rispose don Chisciotte, perchè, se così fosse stato, io ti avrei vendicato allora, e lo farei adesso di bel nuovo: ma nè il potei, nè lo posso, non sapendo verso cui esercitare la vendetta dell’offesa che hai patita„. Bramarono tutti di venire al chiaro del fatto della coperta, e l’oste raccontò loro punto per punto il volo di Sancio Panza. Ognuno scoppiava dalle risa, e Sancio intanto s’irritava talmente, che gli sarebbe venuta un’altra volta la mosca al naso, se non fosse stato nuovamente assicurato dal suo padrone che tutto era seguito per incantesimo. Con tutto ciò l’imbecillità di Sancio non giunse mai a tale di persuadersi che ciò fosse vero; ma tenne per invariabile e pura verità di essere stato sbalzato in aria per opera d’uomini in carne e in ossa, e non già per sognate od immaginate fantasime, come il suo padrone credeva e affermava.
Erano già scorsi due giorni che la illustre comitiva alloggiava nell’osteria; e parendo che fosse ormai tempo di partirsene, pensarono come senza obbligar Dorotea e don Fernando ad accompagnar don Chisciotte alla sua terra nativa per seguitare l’invenzione di liberare la regina Micomicona, potessero il curato e il barbiere venire a capo di guarirlo dalle sue pazzie. Il modo concertato fu questo: un carradore di buoi, il quale si abbattè per sorte a passar per quella strada, fu da essi accordato perchè lo conducesse seco, e acconciarono di vincastri commessi a griglia una specie di gabbia capace da contenervi agiatamente don Chisciotte. Fatto ciò don Fernando e i suoi compagni e i servitori di don Luigi e la sbirraglia e l’oste, tutti di commissione e per consiglio del curato si coprirono la faccia, trasfigurandosi chi in uno e chi in altro modo, sicchè don Chisciotte dovesse crederli gente diversa da quella veduta fino allora nel supposto castello. Tutti entrarono poi con alto silenzio dove egli stava dormendo, e gli si accostarono mentre egli non sospettando