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capitolo xlvi. 513

acconci alla difesa. Tutto ciò io metto nella vostra considerazione, alta e preziosa signora, perchè sembrami che la nostra dimora in questo castello sia infruttuosa, e potrebbe divenire di tanto pregiudizio da accorgercene pur troppo coll’andare del tempo; imperocchè chi sa mai se per occulti e diligenti esploratori non abbia risaputo il gigante vostro nimico ch’io vado a distruggerlo, ed usando del benefizio del tempo non voglia munirsi in qualche inespugnabile castello o fortezza contro cui non potesse avere la consueta efficacia la mia avvedutezza, nè la forza dell’infaticabile mio braccio? Perciò, mia signora, prevenghiamo, come vi ho detto, colla nostra diligenza i disegni suoi, e senz’altro ripigliamo il cammino, perchè il vedervi restituita nella pristina grandezza non da altro dipende che dal venire presto a cimento col vostro nimico„. Tacque don Chisciotte, ed attese con molta gravità la risposta della bella infanta, la quale con garbo signorile e adattato allo stile di don Chisciotte gli rispose in questa guisa: — Aggradisco, signor cavaliere, il desiderio che dimostrate di proteggermi nella mia grande sciagura, appunto come cavaliere dedicatosi a protegger gli orfani e i bisognosi. Voglia il cielo che il mio e ’l vostro desiderio si compiano perchè abbiate occasione di conoscere che al mondo vivono donne che sanno riconoscere i benefizii. Quanto poi alla mia partenza segua pure all’istante; io non ho altro volere che il vostro: disponete di me liberamente e come vi piace, mentre quella che una volta affidò a voi la difesa di sua persona, ed ha rimesso nelle vostre mani il riacquisto del proprio impero, non dee farsi lecito di contrastare a ciò che dalla prudenza vostra venga disposto. — Or bene, disse don Chisciotte, poichè una tanta signora sì fattamente con me si umilia, io non voglio perdere l’occasione di rialzarla a sedere una volta sull’ereditario suo trono. Si vada tosto, chè il desiderio m’è di sprone al cammino, solendosi dire: che l’indugio talvolta partorisce pericolo. E giacchè non fu creato ancora dal cielo, ne vide tuttavia l’inferno chi mi spaventi o mi renda codardo, metti, o Sancio, la sella a Ronzinante, allestisci il tuo giumento e il palafreno della regina, togliamo licenza dal castellano, e da questi signori, e partiamoci immantinente„.

Sancio, che tutto ascoltava, disse, dimenando la testa: — Ah signore, signore, vi è più male nel villaggio che il pastore non pensa, con sopportazione delle donne dabbene. — Che male, disse don Chisciotte, o che villaggio o pastore vai tu rimestando, villan manigoldo? — Se vossignoria va in collera, rispose Sancio, io metterò la lingua nel sacco, e lascerò di dire quello a cui sono obbligato come buono scudiere, e come deve spiegarsi col suo padrone un leal


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