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capitolo xlv. 511

sopra tutto secondo quello del suo Spagnuolo, dal quale non distaccava mai gli occhi, perchè lo teneva fitto nel cuore. L’oste che aveva notata molto la ricompensa data dal curato al barbiere, domandò il pagamento della sua polizza per l’alloggio di don Chisciotte, e per la rottura degli otri in un colla perdita del vino, giurando che Ronzinante non sarebbe uscito dall’osteria e neppure l’asino di Sancio se prima non foss’egli stato soddisfatto interamente di ogni suo avere. Il curato trovò ripiego ad ogni cosa, e don Fernando pagò l’oste, benchè anche il giudice si fosse di buon volere a ciò offerto. In questo modo tutti restarono in pace, e così d’accordo che non pareva più che in quell’osteria avesse signoreggiato la discordia che sovvertì il campo del re Agramante, com’erasi cacciato in testa don Chisciotte, ma sì bene la pace e la quiete che regnò ai tempi di Ottaviano Augusto. Di tutto il successo fu universale opinione che si dovesse ringraziare il buon animo e la molta eloquenza del curato, non meno che la liberalità incomparabile di don Fernando.