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capitolo xlv. | 507 |
del giudizio, il bacino per elmo, e l’osteria per castello nella immaginazione di don Chisciotte. Rimessa la tranquillità negli animi, e fattisi tutti amici a persuasione del curato e del giudice, tornarono i servi di don Luigi ad insistere che se n’andasse con loro. Frattanto il giudice si consigliò col curato, con don Fernando e con Cardenio intorno al partito che dovesse prendere nella sua difficile circostanza, informandoli di quanto era passato fra lui e don Luigi. In fine accordaronsi nel dire che don Fernando si facesse conoscere dai servi di don Luigi, e loro significasse di avere deciso che ’l giovane si recasse con lui nell’Andaluzia, dove avrebbe trovato, presso il marchese suo fratello, quell’accoglienza che dovuta era al suo merito ed alla sua condizione; poichè si vedeva il giovinetto disposto a lasciarsi mettere in pezzi piuttosto che tornarsene in quel modo e in quell’abito in casa del padre. Riconosciuta la nobiltà di don Fernando dai quattro servi ed intesa la volontà di don Luigi, stabilirono che tre di loro portassero a suo padre la nuova dell’avvenuto, e che restasse l’altro al servigio senza mai allontanarsene, fino a tanto che venissero altre disposizioni rispetto a lui.
A questo modo si assopì quell’incendio per l’autorità del re Agramante e per la prudenza del re Sobrino: ma vedendosi il nemico della concordia e l’odiatore della pace sprezzato e deriso, e che poco frutto acquistato avesse nel porre tutti in sì confuso laberinto, imprese di tentare altri scompigli, suscitando di bel nuovo quistioni e inquietudini. Si acchetarono gli sgherri per avere conosciuto la qualità delle persone colle quali erano venuti a contesa, e si ritirarono dalla zuffa immaginando benissimo che qualunque fosse stato il successo ne andavano eglino a perdere. Uno di costoro per altro (e fu quello macinato e pesto da don Fernando) si risovenne che fra gli ordini che seco recava, uno ne aveva per don Chisciotte, contro cui il tribunale avea decretato l’arresto per la libertà ch’egli avea data ai galeotti: disgrazia già preveduta da Sancio. Con questo pensiere, volle lo sgherro rendersi prima certo se i contrassegni rispondevano alla figura di don Chisciotte; e tratta fuori una pergamena trovò tutto quello ch’egli andava cercando. Misesi a leggere adagio (come inesperto lettore), e ad ogni parola guardava don Chisciotte, confrontando i segni del mandato con lui stesso; e accertatosi ch’egli era veramente quel desso, tenendo tuttora nella sinistra l’ordine dell’arresto, con la diritta pigliò don Chisciotte pel collare sì fortemente che non poteva nemmeno tirare il fiato, e gridò: “Date mano alla Santa Hermandada; e perchè si conosca la ragionevolezza del fatto, si legga quest’ordine, e si vegga